MILANO – La legge della Champions è spietata. Se sbagli paghi amaramente. Così lo Shakhtar punisce l’Atalanta più del dovuto. Sono le matrigne a castigare le belle cenerentole. Un 2-1 che sa di beffa ma c’è poco da recriminare. Una sconfitta che lascia la formazione ancora a zero punti e sono sempre meno le possibilità dei sogni di gloria. Del resto lo si sapeva anche se tutti noi, in sede di presentazione, avevamo sottovalutato sia gli ucraini che la Dinamo. L’Atalanta che nel campionato è la terza forza, in Europa paga, oltre misura, il noviziato. Del resto lo Shakhtar non è una squadra qualsiasi che grazie ai soldi del suo presidente Rinat Akhmatov può sbizzarrirsi sul mercato ed infatti la formazione di Donestk, in esilio a Kharkiv, è ricca di giocatori brasiliani, e non solo, di talenti. L’Atalanta è stata generosa, non si è mai fatta intimidire ma pesano alcuni errori di troppo come il rigore fallito da Ilicic e alcune difficoltà in mezzo al campo dove i palleggiatori dello Shakhtar (Alan Patrick, Taison, lo stesso Marlos) hanno costretto Pasalic e De Roon ad un lavoro improbo anche perché l’aiuto di Stefanenko e di Kovalenko, mossa azzeccata di Castro, è stato sostanziale e sostanzioso. Eppure l’Atalanta ha giocato, ha costruito, soprattutto nel secondo tempo, azioni offensive che potevano portare sul 2-1 ma Pyatov, dopo l’errore sul gol di Zapata, si è riscattato e ha salvato in modo decisivo su Zapata, su Gomez, su Muriel. Ma non è stato sufficiente perché i nerazzurri dopo aver sfiorato il raddoppio con Muriel e con Gomez nei minuti finali sono stati buggerati dal contropiede all’ultimo secondo che ha portato l’israeliano Solomon a realizzare il gol della vittoria che punisce in modo eccessivo l’Atalanta. Comunque lo spettacolo e l’euforia del popolo atalantino (in 26 mila sugli spalti di San Siro, ma perché lo vogliono demolire?) sono cominciate quando hanno fatto il loro ingresso in campo i nerazzurri per il riscaldamento tra cori e lo sventolio delle bandiere i giocatori. Mai visto nel tempio del calcio tanto nerazzurro, quello nostro s’intende, Bergamo in gita a Milano. Ma oramai i bergamaschi sono viaggiatori senza confini. Come dire: ci siamo e vogliamo restarci. Siamo abituati alle scelte impreviste, per tutti noi, di Gasperini che ribalta sempre il concetto di normalità. Ecco l’ennesima formazione: la difesa “storica” con Toloi, Palomino e Masiello, sugli esterni Hateboer e Castagne, a centrocampo c’è Pasalic e non Freuler, poi il trio dello spettacolo: Gomez, Ilicic, Zapata. Anche Luis Castro cambia, anzi si copre: né Konoplyanka, né Solomon ma Kovalenko in mezzo al campo. E’ subito una partita molto equilibrata anche se l’Atalanta parte subito all’attacco e comincia a creare problemi alla difesa ucraina fino al calcio di rigore, dopo 15’ di gioco, concesso dall’arbitro tedesco Stieler, per un fallo di Kryvtsov su Ilicic. Il penalty vene calciato dallo sloveno che tira addosso a Pyatov. C’è un momento di smarrimento anche perché Alan Patrick e Stepanenko con l’aiuto di Kovalenko stringono le maglie e palleggiano con eleganza. Eppure è sempre l’Atalanta a rendersi pericolosa. Così dopo il palo di Pasalic, tocca a Zapata di testa ad infilare Pyatov, uscito a farfalle, sul cross di Hateboer. L’Atalanta tiene anche se De Roon e Pasalic faticano, così arriva il gol del pari con Alan Patrick che lancia Moraes, dopo il buco di De Roon, e il brasiliano pareggia, poi una punizione Marlos colpisce la traversa. E’ proprio una doccia fredda. Nella ripresa Gasperini modifica l’assetto, dentro Malinovsky e Gosens, e l’asse offensivo funziona meglio, poi entra anche Muriel. L’Atalanta vuole vincere ma i tiri di Muriel, di Gomez e di Zapata si spengono fuori d’un soffio o sono preda di Pyatov, poi la beffa finale col contropiede vincente di Solomon. Un epilogo amaro.
Giacomo Mayer