FABRIZIO CARCANO
L’Atalanta perde una partita, all’ultimo minuto, ma il pubblico atalantino vince e stravince, con novanta minuti di rumore e calore e una standing ovation dopo il fischio finale.
Cori per la squadra e per i singoli, dopo una sconfitta beffarda che potrebbe aver pregiudicato il cammino europeo dei nerazzurri.
Ma forse il risultato stasera contava fino ad un certo punto.
Era la prima volta in cui si poteva ascoltare la musichetta della Champions giocando in casa.
In un vecchio Meazza trasformato nel nuovo Gewiss, con i ventimila del primo anello a regalare un effetto catino, replicando quella bolgia domenica che echeggia a Bergamo nell’impianto di viale Giulio Cesare, e i seimila del secondo anello a far sentire anche il loro apporto.
Non era facile far diventare San Siro, con i suoi tre anelli e i quasi 90mila posti disponibili, uno stadio di casa, dove giocare in casa, con il pubblico a fare il dodicesimo.
Non era facile ma i tifosi bergamaschi ci sono riusciti.
L’Atalanta ha giocato in casa, come se San Siro fosse Bergamo.
E resteranno nella storia anche gli ingorghi pomeridiani sulla A4 e sul ponte del Ghisallo che immette in città, come resteranno nella storia le immagini dei vialoni intorno allo stadio, di viale Caprilli, viale Ippodromo e viale Diomede, tinti del nerazzurro atalantino, come del vecchio borgo storico periferico di San Siro preso d’assalto, con le sue vie strette dai nomi improbabili, da migliaia di supporters nerazzurri in cerca di parcheggio.
L’Atalanta ha perso una partita, capita.
Il pubblico atalantino ha vinto e questo resta.