Uno ha il blaugrana dentro, anche se ha indossato quasi sempre quello della squadra B. L’altro ha meno nobiltà d’origine ma è abbastanza appetito lo stesso. Sergi Gomez lo spagnolo, pardon il catalano, o Gian Marco Ferrari l’emiliano doc? Il destro o il mancino? Il tormentone della finestra estiva del calciomercato è il derby latino della difesa. L‘Atalanta, sacrificato Gianluca Mancini sull’altare della plusvalenza, deve trovargli un sostituto all’altezza senza perdere troppo tempo. Lo esige Gian Piero Gasperini, allenatore cui non piace perdere i pezzi né farsene recapitare di inadatti a rifare il puzzle della formazione. La differenza potrebbero farla le 14 partite di Europa League disputate dal mastino di Arenys de Mar contro la casella vuota fuori confine del più casereccio dei due.
L’annata è la stessa, il 1992. Nella retroguardia nerazzurra il solo a prediligere il piede sinistro è José Palomino, perno o presidio del vertice di competenza quando in mezzo al terzetto viene prescelto Berat Djimsiti. Ma sarebbe uno dei pochi appigli per preferire il parmigiano del Sassuolo, uno che ha fatto la gavetta prima di attingere alle vette della professione tanto da meritarsi una valutazione da doppia cifra. A differenza del rivale, infatti, Ferrari non ha alcuna esperienza internazionale. Prima del 2016 non aveva mai giocato nemmeno in serie A, arrivandoci col Crotone dopo essere cresciuto nel Parma e aver risalito la china dall’Eccellenza, affrontata diciassettenne nel Monticelli Terme. Crociati Noceto (Seconda Divisione, l’ex C2), Fiorenzuola (D), Renate e Gubbio (Prima Divisione, ex C1 e attuale C unica) le altre stazioni fino al 2014, la Sampdoria come antipasto al neroverde Mapei.
Di tutt’altra pasta Sergi Gomez Solà, 27 anni come la sua attuale alternativa, compiuti il 28 marzo anziché il 15 maggio, ma con almeno un poker di punti di vantaggio. In primis, è del Siviglia, il cui plenipotenziario ex romanista Ramon Monchi ha già concluso con Zingonia l’ottimo affare che risponde al nome di Luis Muriel. Secondariamente, proprio El Ronaldito, suo compagno per la prima metà della scorsa stagione, ne ha parlato benissimo: “Forte di testa e in uno contro uno, bravo in palleggio”. Terzo, costa pochino, 6 milioni e mezzo in tutto: al Celta Vigo, suo club per quattro stagioni, l’anno passato era stato pagato 4,5. Dulcis in fundo, ha il marchio Barcellona, essendoci cresciuto nonostante la sola partita in prima squadra, la Supercoppa spagnola del 2010 vinta proprio contro la sua squadra attuale, giocandola curiosamente a parti invertite nell’agosto 2018. Chi sarà il prescelto?