Parliamo di basket, e soffermiamoci soltanto per qualche minuto su ciò che è successo a Firenze domenica scorsa. Al Mandela Forum del capoluogo toscano si è scritta la storia, o meglio, Cremona l’ha scritta. La franchigia della famiglia Vanoli, sotto la guida tecnica di coach Meo Sacchetti, ha sollevato per la prima volta al cielo la sua Coppa Italia, superando in finale una Brindisi stanca per 83 a 74. Un successo che assume i contorni del sogno, di una bellissima favola fatta di sacrifici, impegno e passione. Eliminati ai quarti i consueti grandi nomi caratterizzanti il panorama cestistico italiano, a Firenze, stavolta, Davide ha sconfitto Golia, portando finalmente alla gloria il piccolo basket di provincia. Insieme a Cremona ha trionfato, però, anche la nostra terra bergamasca. Quella della famiglia Vanoli, infatti, è una storia autenticamente made in Bergamo, che parte da un bellissimo paesino incastonato tra le montagne della Valle Imagna. Per Bergamo & Sport abbiamo incontrato il presidente Aldo Vanoli, all’interno di una lunga intervista che affronta a tutto tondo l’origine, il percorso e gli obiettivi di una società tanto umile quanto ambiziosa, diventata meritatamente e definitivamente grande.
Originario di un piccolo paesino della bergamasca, chi è Aldo Vanoli, capace di consegnare alla storia il basket di Cremona? “La mia famiglia, come la maggior parte dei Vanoli, è originaria di Costa Valle Imagna. Io trascorrevo soprattutto le estati tra quelle affascinanti montagne della Bergamasca, e anche adesso, quando il lavoro e gli impegni me lo permettono, ci torno molto volentieri. Noi viviamo in provincia di Cremona ormai da generazioni, precisamente da quando mio padre, rimasto orfano fin da piccolo, si dovette trasferire qui da uno zio che faceva l’ambulante. Pian piano abbiamo aperto una ferramenta che col tempo è diventata quello che è oggi, e ora, insieme alla famiglia, portiamo avanti questa attività”.
Come nasce l’idea, il sogno, l’obiettivo Vanoli Cremona? “Innanzitutto c’è da dire che la nostra società si chiama “Guerino Vanoli Basket”, in onore di mio padre. Una quindicina di anni fa decisi di muovere i primi passi all’interno di questo mondo. Ormai da 8 anni sono lo sponsor principale e azionista di maggioranza, e nel basket, a differenza del calcio, lo sponsor principale dà il nome alla squadra, e così è cominciato tutto. Da 10 anni siamo stabilmente in A1, gareggiando nella massima serie del campionato italiano di basket. Alle spalle c’è ovviamente la passione, unita alla possibilità di far conoscere al mondo il nome della famiglia e, anche, di promuovere la nostra attività commerciale”.
Cosa significa gestire una squadra di tale livello con le responsabilità e le difficoltà che comporta? “Sicuramente negli anni abbiamo maturato un’ampia esperienza, e senza dubbio questo è un fattore importante nella gestione di una società di tale livello. Bisogna sottolineare, però, anche il merito dello staff e dei volontari che ruotano attorno a questa realtà. Il bello della Vanoli Cremona è il suo carattere modesto e famigliare. È questo, secondo me, che ci permette di affrontare e superare qualsiasi ostacolo”.
A Firenze avete sconfitto Varese, Bologna e Brindisi. Le chiedo le sue emozioni per questo successo storico e quale ricordo di queste Final Eight porterà maggiormente nel cuore? “In realtà sto ancora metabolizzando quanto è successo. Soltanto il fatto di avere il trofeo qua in ufficio mi fa capire che è tutto vero e che non sto sognando. Ovviamente è stato un momento di gioia e, soprattutto, di grande commozione. Questa vittoria è un premio alla caparbietà, all’umiltà e al lavoro. Mi sento ripagato di tutti questi anni di sacrifici. Ci sono stati tanti momenti belli in queste Final Eight ed è difficile sceglierne uno; probabilmente quello che mi resterà più nel cuore sono le premiazioni, perché ho visto quei valori di unità, affetto e famiglia che da sempre caratterizzano la Vanoli Cremona”.
Si può dire che è stata la Coppa Italia delle sorprese e che ha vinto il basket della provincia e della passione famigliare? “Certo che sì. Come ormai si scrive da giorni è stata la vittoria delle piccole società sui grandi nomi. In questo successo c’è ogni singolo aspetto che caratterizza una realtà di provincia come la nostra, vale a dire l’attaccamento, la passione e la certezza di sentirsi una grande famiglia”.
Dato che il suo è un gruppo senza i grandissimi nomi presenti magari nelle altre squadre, quali sono i valori e la politica della Vanoli Cremona? “Io sono sempre stato dell’idea che avere in squadra tante star non può che portare, alla lunga, a conseguenze negative. La linea della Vanoli Cremona è quella di puntare sul gruppo, sulla collettività, sull’organizzazione. Come potete vedere, noi abbiamo quasi sempre 4/5 giocatori in doppia cifra; è questo quello che serve per vincere”.
Quale è stato il momento più bello, in generale, della sua intera presidenza? “Di certo, al di là dei risultati, ciò che mi rende più orgoglioso è tutto quello che siamo riusciti a costruire intorno a questa squadra. Sono tanti i momenti belli che hanno attraversato la mia era da Presidente, e non è facile sceglierne uno. Ovviamente quello di domenica a Firenze è stato un trionfo storico, per me, per la società e per tutta Cremona. Diciamo che è un po’ il coronamento di tutte le cose positive che sono successe in questi anni”.
Due anni fa la squadra è stata ripescata dalla Serie A2. Avete deciso di puntare su un allenatore come Meo Sacchetti e da allora c’è stato un percorso ben preciso che ha portato alla vittoria di domenica e all’attuale terzo posto in campionato. Quali sono gli obiettivi della Vanoli Cremona? “Meo Sacchetti aveva accettato di diventare allenatore della squadra già prima che venisse ripescata, perché per lui la pallacanestro di A1 o di A2 è pur sempre pallacanestro. Ci tengo a dire che Meo è una persona d’altri tempi, in grado di mettere tutti i giocatori a proprio agio. È autorevole ma non autoritario. Per quanto riguarda gli obiettivi, l’importante, per noi, è continuare a fare il meglio possibile senza fare il passo più lungo della gamba. Vogliamo cercare di far crescere la Vanoli Cremona con saggezza, operando sempre nei limiti delle nostre possibilità economica senza andare oltre”.
Al di là degli obiettivi concreti e programmati, qual è il sogno cestistico di Aldo Vanoli? “A me piace tenere i piedi per terra, anche se sognare non costa nulla. Il mio sogno sarebbe innanzitutto poter confermare il maggior numero di giocatori, perché per me diventano parte della famiglia e mi fa sempre male vederli andar via. In secondo luogo, vorrei veder crescere ancora di più il nostro settore giovanile; io punto tanto sui giovani e stiamo iniziando a toglierci qualche soddisfazione. Per me tutto questo è appagante”.
Andrea Brumana