Una miniera di sapienza calcistica, una storia virtuosa. Ecco, questo è Nado Bonaldi che, dopo una lunga e onorata carriera di allenatore, da qualche anno è il direttore dei vari corsi Uefa per Bergamo e provincia, nonché componente del direttivo nazionale dell’Aiac, l’associazione allenatori.
Il comunicato n. 69 della Figc che ha sancito l’obbligatorietà di tecnici abilitati nei ranghi delle società dilettantistiche ha creato sconcerto e apprensione tra i dirigenti dei vari club. Dove andiamo a prendere tutti questi allenatori e dove andiamo a prendere i soldi per pagarli? Queste le domande che i presidenti, soprattutto delle società più piccole, si pongono. Dagli organi federali, per ora, solo risposte farraginose che non acquietano le società. Nado Bonaldi invece le idee le ha, e anche le risposte. “Per i nuovi corsi scompaiono le graduatorie ma serviranno tre requisiti fondamentali: fedina penale pulita, assenza di squalifiche federali e un titolo di studio. Quindi i corsi saranno aperti a tutti. E alle società verranno richiesti i nomi dei tecnici che parteciperanno al corso su invito”. E poi chiarisce che si tratta di un falso allarme: “In Europa è prassi comune, siamo noi in ritardo. Finalmente le disposizioni di Fifa e Uefa sono state applicate”.
Del resto l’Italia calcistica non è mai all’avanguardia, eppure c’è sempre tempo per emanciparsi magari estirpando i nostri vecchi difetti. Ma come? Ecco una magistrale lezioncina su come dovrebbe essere organizzato un vero settore giovanile: “Prima di tutto la costruzione del giovane calciatore che avviene attraverso il lavoro sulla tecnica e sulla coordinazione motoria. Perché è importante che i bambini imparino a muoversi, a correre, a saltare e, soprattutto, a poter scegliere il loro sport più adatto che non necessariamente è il gioco del calcio. Se invece si punta soprattutto a vincere i titoli provinciali o regionali tutto questo lavoro non funziona. E’ un fallimento. Voglio ricordare che nei settori giovanili di tutta Europa si gioca a 3, a 5 e, massimo, a 7. In Brasile, addirittura, le squadre a undici sono dai 14 anni in su. Del resto un bambino di 10 anni, durante una partita di calcio a undici, non tocca più di cinque palloni. E’ bene ricordare che la materia prima del calcio, vale a dire i nostri ragazzini, sta nel mondo dei dilettanti. Ci tengo anche a sottolineare che da qualche anno c’è gran voglia di organizzazione nelle società bergamasche, si sono verificati degli accorpamenti fra club che permettono di migliorare le capacità di lavoro tecnico. Si uniscono gli allenatori, si moltiplicano le conoscenze. Certo per realizzare tutto questo servirebbero sinergie con il mondo della scuola e anche impianti sportivi comuni”.
Allora c’è bisogno di una rivoluzione culturale: istruttori all’altezza dei tempi e dirigenti lungimiranti. “Per questo la scuola dei tecnici spero sia permanente, vale a dire come un corso universitario che dura un intero anno scolastico con docenti preparati, a Bergamo ce ne sono e anche qualificati. E alla fine del corso ci saranno test, esami e tesi , insomma si deve adottare un sistema meritocratico: chi è bravo va avanti, chi è bocciato torna a casa. Le società potranno chiedere alla scuola i profili dei nuovi tecnici perché possano essere adatti al loro settore giovanile”.
E’ evidente che dovrebbe cambiare anche lo status quo del mondo del calcio, la maggior parte dei dirigenti pensa solo a vincere, magari buttando soldi senza criterio, e poco a costruire. Ma questa è un’altra storia. E’ storia vera, piena di successi, quella di Nado Bonaldi. “Giocavo nella juniores del Verdello ma non ero un fenomeno”. In squadra è uno dei pochi che frequenta le scuole superiori, in pratica l’”Intellettuale” del gruppo. Per questo motivo il presidente Nozza lo spedisce a frequentare il corso per i famosi NAGC (Nucleo Addestramento Giovani Calciatori). Il primo campionato provinciale con classifica simbolica. Sono gli anni Settanta. Poi arriva il dottor Brolis, allora alla Juve, che chiede alla Trevigliese di formare una squadra con i migliori giovani della Bassa con la collaborazione della Cremonese. E il club biancoceleste chiama Bonaldi che, insieme a Fioretti e a Marchesi, dà il via all’avventura. La squadra di giovanissimi e allievi vince due titoli. Intanto sta nascendo l’associazione allenatori. Per il Nord Italia è incaricato Carlo Alberto Quario, ex allenatore di Venezia, Atalanta e Brescia, per fare proseliti. Per Bergamo sceglie proprio Nado Bonadi. Che convoca la prima riunione bergamasca coinvolgendo, tra gli altri, Livio Roncoli, Franco Mandelli, Manlio Masini, Carlo Valenti, Pino Parati e Italo Moro. Poi con l’arrivo di Gigi Medolago, allenatore del Boltiere, l’associazione realizza il primo salto di qualità. Bonaldi si divide fra il ruolo di “sindacalista” e quello di allenatore. Nell’autunno del 1979 a Treviglio il presidente Mazza esonera Gigi Bresciani e lo sostituisce con Nado, che non ha ancora trent’anni. La squadra riprende quota e termina il campionato al quarto posto in coabitazione col Ponte San Pietro. Nella stagione successiva (1980-81) Nado porta la Trevigliese in Serie D (allora Interregionale) e nel’81-82 centra il quinto posto e la semifinale di Coppa Italia. Per Bonaldi è la svolta perché Pierluigi Pizzaballa, responsabile del settore giovanile dell’Atalanta, lo chiama a Zingonia dove allenerà giovanissimi, allievi e Primavera. Achille Bortolotti decide di cambiare: al posto di Pizzaballa arriva da Crema Alfredo Mosconi, Bonaldi lo conosce bene e sa che non andrà d’accordo con lui quindi rassegna le dimissioni e torna alla Trevigliese, quindi a Ponte San Pietro con Goisis e poi Bresciani presidenti, anni d’oro ma anche difficili seppur la squadra torni in Serie D. Poi Grumellese, ancora Ponte San Pietro, Chiari, Stezzanese e, infine, Verdello. E oggi? E’ il “maestro” degli allenatori.
Giacomo Mayer