Lazio – Atalanta 3-0Lazio (4-3-1-2):
Strakosha; Pollace, Vilkatis, Serpieri, Filippini; Antic (40′ pt De Francesco), Cataldi (43′ st Luque), Falasca (cap.); Vivacqua (19′ st Ilari); Keita, Tounkara. A disp.: Scarfagna, Andreoli, Bilali, Fiore, Lombardi, Pace, Paterni, Silvagni, Tira. All.: Alberto Bollini.
Atalanta (3-5-1-1): Zanotti; Caldara, Milesi (cap.), Redolfi; Conti (36′ st Barlocco), Gagliardini, Palma, Olausson (12′ st Mangni), Nava; Varano (16′ st Grassi); Cais. A disp.: Montrucchio, D’Amico, Tonon, Tonsi, Mologni, Villanova, Oinonomidis. All.: Valter Bonacina.
Arbitro: Ghersini di Genova (De Troia, Croce; D’Angelo).
Reti: 6′ pt, 15′ st Cataldi (L), 29′ st Tounkara (L).
Note: spettatori 1500 circa. Ammoniti Zanotti (A, 5′ pt), Pollace (L, 7′ st), Tounkara (L, 11′ st), Palma (A, 27′ st), Mangni (A, 44′ st) per gioco scorretto, Strakosha (L, 3′ st) per perdita di tempo, corner 4-4; recupero 4′ e 3′.
Gubbio – La partenza con handicap, la vana rincorsa e la grande illusione finisce qui. La fantasmagorica stagione dell’Atalanta Primavera sbatte contro il traguardo finale, una Lazio determinata a vendicare il doppio 3-0 infertole nel lontano 1993 dalla Banda Prandelli e timbrare il sigillo dei pentacampeòn.
Al 5′ il primo svolazzo dell’Aquila risulta fatale, con Zanotti costretto a contrastare Keita – lanciato da Antic – uscendo fino al limite ma incapace di togliere dal sette la susseguente punizione malevola di Cataldi. L’iniziativa in solitario di Varano, conclusa da un sinistro dalla lunga controllato da Strakosha all’undicesimo, è il primo bebé di una reazione figlia di un parto tattico laborioso, stante la solidità di un rombo bolliniano pronto ad asserragliarsi in fase di non possesso. Il gioco fatica a dipanarsi sulle corsie con la facilità tipica della regular season, e allora al fantasista offensivo vigevanese non resta che riprovarci al 19′ leggermente decentrato sul centro-sinistra, purtroppo con esiti nuovamente nulli. I biancocelesti tendono a usare Vivacqua da centravanti di manovra per innescare le due frecce di colore, alla baby Dea riesce una combinazione Nava-Varano-Palma alla mezz’ora con rasoterra del play partenopeo-monzese a fil di palo. Il minuto numero 38 sul cronometro segna la grande paura bergamasca, con Keita che spreca alle stelle la palla d’oro del 2-0 servitagli da Tounkara (abile ad approfittare di uno svarione di Redolfi non chiuso da Milesi), ma al 40′ è Gagliardini a gettare alle ortiche il possibile pari e patta schiacchiando di testa poco oltre la traversa il lob dal fondo dello scatenato Nava.
Un giro di lancette appena della ripresa e a Zanotti tocca metterci – di piede – la pezza sul sinistro di Keita, bravo a scattare in profondità sul lancio di Filippini; sul rovesciamento, però, è Cais a doversi mangiare le mani per l’impatto mancato con la sfera che Conti gli porge millimetricamente a centro area. Non c’è un attimo di sosta: Strakosha deve metterci il suo per evitare a Cais l’incornata vincente (8′) sullo spiovente da piazzato dalla trequarti di Olausson, preludio a un progressivo avanzamento di baricentro culminato con l’ingresso di Mangni proprio al posto dell’interno svedese. Tutto inutile, perché al quarto d’ora l’accelerata di Tounkara dalla destra pesca il taglio di Cataldi che sbuca alle spalle di Keita appoggiando il piattone sottomisura della doppietta personale. Il Cina riequilibra la formazione togliendo Varano per Grassi e Cais se ne ritrova un’altra in bocca (grazie al traversone dalla mancina di Nava): il suo esterno al 18′ non coglie impreparato l’ottimo estremo laziale che devia in corner. Lo scoramento ha la meglio delle energie residue e per Keita proiettare Tounkara verso il tris è uno scherzo: la Lazio si rifà del ko con l’Inter dell’anno scorso, per la sala dei trofei di Zingonia l’ultimo scudetto di categoria è quello strappato a Bari nel 1998 dai Vava-boys alla Roma.
Simone Fornoni