di Matteo Bonfanti

Ieri notte mia moglie mi ha menato, tre pugni fortissimi, uno alla spalla, che ancora mi duole. Togliendo le innumerevoli sberle che mi ha dato mia mamma, è la seconda volta che vengo picchiato da una donna per le mie malefatte, comunque gravi, tipo ridurre la casa a un cesso della periferia di Bagdad, bevendo birrette ad alta gradazione e fumando qualsiasi cosa, in sala, con le finestre sigillate, accanto ai panni stesi, riducendo così i vestiti dei bambini a posaceneri ambulanti. Nonostante abbia parecchie colpe, prenderle lascia comunque di stucco. E dà da pensare. Dopo le botte, mi è venuto quindi da riflettere un po’, mettevo insieme i pensierini che hanno riempito la mia zucca, che di solito è vuota, in questa settimana di fine gennaio. Meditavo soprattutto sui gay e sul family day, se presentarmi sabato a Roma per rivelare agli amici cattolici che dopo dieci anni di convivenza mia moglie si è messa a darmele. Instillandogli, con la mia esperienza, il seguente dubbio: siete proprio sicuri che la coppia tradizionale, quella tra un maschio e una femmina, faccia così bene? Vale la pena alzarsi presto, prendere il treno Italo, mangiare un paninetto in viaggio, ascoltarsi al freddo le fesserie di un po’ di politici, per difendere sto benedetto matrimonio?
Parlo di me, o meglio, di mia moglie, che si chiama Costanza. Prima era buonissima, mi aspettava sveglia di notte, stava sul divano con me a vedere le peggio serie poliziesche che manda in onda Sky, addirittura mi lasciava fumare a letto dopo aver fatto l’amore. Era dolce e comprensiva, sempre ad accarezzarmi la testa e a baciarmi il collo. Poi ha vissuto con me, che non sono manco un cattivo tipo, diciamo che sono un uomo medio, non particolarmente brillante, ma neppure noioso o perfido. Ed ha iniziato a incazzarsi di brutto. Il primo anno non le accadeva mai, il secondo s’arrabbiava una volta al mese, dal terzo al settimo una volta alla settimana. Negli ultimi tempi le girano le scatole appena mi vede. Mi dà una lezione, giusto per mettere in chiaro chi comanda, e torna tranquilla finché non ne combino una o alzo la voce o eccito i bambini improvvisando episodi violenti di Star Wars.
Non sono il solo maltrattato dalla propria donna. Mia nonna massacra costantemente mio nonno, i miei, che si sono separati quando ero bambino, me li ricordo più che altro impegnati a litigare, le amiche che ho, parecchie, mi dipingono i loro mariti come dei cerebrolesi meritevoli dell’eutanasia e/o dell’avvelenamento. E poi ci sono pure gli illuminati a mettere il dito nella piaga: Gesù, Buddha, Luke Skywalker e il Maestro Yoda, mai uno straccio di femmina, miracoli e numeri d’alta scuola senza fare la benché minima fatica. Chi ha resuscitato i morti, chi ha moltiplicato pani e pesci, chi è capace di spostare col pensiero addirittura una spada laser, chi storta o raddrizza le posate a proprio piacimento affidandosi alla forza della mente. Nessun marito, neppure il più figo, lo fa. Ci riescono solo i single.
Le mie riflessioni sono per quelli del family day, ma anche per i gay, che richiedono giustamente allo Stato gli stessi diritti che hanno le coppie etero. Abito sopra al Divina, frequento un sacco di ragazzi omosessuali. Non hanno il matrimonio e sono tutti strafelici, pieni zeppi di gioia e di entusiasmo e pure muscolosi, in gran forma. Mi ripeto, perché non sono omofobo e non voglio passare per esserlo: se vogliono le nozze, è sacrosanto che le abbiano. Resta il mio consiglio, lo stesso che ho fatto agli altri, i cattolici: ma siete sicuri che battervi per stare insieme a una persona fino alla muerte sia davvero un’idea tanto intelligente? E se sabato evitassimo di andare a Roma o a Milano a manifestare e organizzassimo una giornatina alle terme di San Pellegrino, dove, tra un bagno e l’altro, si fa anche l’aperitivo?
Va beh, pensateci. Io vado a casa a prendere la mia razione di botte e di insulti. Un bacio.