di Matteo Bonfanti
Lo ammetto: è un periodo che mi sento anziano. Ieri giocavo a Orio al Serio coi miei soci, ero lanciato a rete, ho dribblato il difensore, Angelo, un bravo tipo, buono e corretto, e lui, senza volerlo, mi ha tirato una ginocchiata sul polpaccio e mi ha fatto un male cane. Ho sentito la botta, poi la fitta, quindi mi sono girato e volevo menarlo. L’ho spintonato cercando la sua reazione, con l’obiettivo di tirargli una testata. Ero nero. Perché non posso restare zoppo una settimana per via di una partita con gli amici. Non ha senso. Fosse successo due lustri fa non avrei fatto una piega: l’attaccante cerca di far gol, il difensore non vuole farglielo fare e prova a fermarlo in qualsiasi modo. Anche menandolo, è lecito. Se sto in mezzo all’area avversaria, un pestone mi arriva: questo è il calcio e non c’è da incazzarsi. Ma non ora e non qui. Perché ho quasi quarant’anni e non gioco nell’Atalanta, ma manco nell’Ares Redona. E ho i bambini da prendere a scuola a mezzogiorno e stanotte i recuperi telefonici delle partite di Coppa Italia di Promozione, di Eccellenza e di Seconda. Se la gamba mi duole, sarò un po’ stronzo con tutti. E non è bello e non se lo meritano perché i dilettanti ci aiutano sempre. I presidenti ci fanno la pubblicità, i dirigenti ci tengono le distinte quando non arriviamo in tempo al campo, i giocatori comperano il nostro giornale. Insomma è gente in gamba, solidale e appassionata, che non va trattata male.
Ero in questa situazione, in riflessione sul tempo che passa e che ti cambia le cose, persino come vivi chi ti falcia quando non esistono più i tre punti in campionato, ma solo l’onesta bugia che si va a tirar due calci per buttare giù un po’ di pancetta, che mi sono perso via. A curiosare in internet. Il video sulle due solite cantanti americane chiappone e porcone su Corriere.it, le pippe dei due Matteo (Renzi e Salvini) su Repubblica.it e Napolitano, il nostro presidente. Andava a comperare un regalo in gioielleria per il compleanno della Clio che non è la macchina della Renault, mezzo che mi ha portato in giro all’inizio di questo freddo secolo. Ma è sua moglie. Le foto erano del Fatto Quotidiano e ci stavano: re Giorgio è un personaggio famoso ed è comunque interessante, persino se va a pisciare, in quel caso non per la pipì in sé, ma per vedere se ce l’ha lungo o corto oppure una via di mezzo, magari tozzo, da uomo toro, un tipo di membro che è spesso apprezzato dal sesso femminile. E per me lui ce l’ha grosso e con un sacco di venuzze varicose, piacevoli, che fanno strano.
Ma non è il suo Cattivo, quello che sta in mezzo alle gambe di tutti noi masculi, l’argomento. Nel servizio giornalistico del quotidiano fondato da Travaglio e Padellaro non se ne parlava manco di striscio. Come detto, lo scoop era un altro, una vera e propria bomba: sprovvisto di una di quelle carinissime motocarrozzette che vanno tanto di moda da noi, Napolitano camminava in una via del centro di Roma. Mi sono messo lì e ho analizzato le immagini. Il presidente faceva una fatica boia. Appoggiato a un bastone (che va detto era di un discreto lusso, forse di quercia, ma non saprei dirlo con precisione), leggermente gobbo e in silenzio, si trascinava affaticato. E mi sono detto pover’uomo, che questa non è vita perché uno a novant’anni dovrebbe starsene beato in una casa di riposo. A giocare a carte, non a scopa che solo il nome ti incricca la schiena, ma a briscola che è anche più facile e non serve la memoria che non si riforma, non è come la pelle, sparisce con l’età creando dei pericolosissimi buchi neri nel cervello. Oppure, da vecchissimi, si sta a bere del Barbera tentando al rallentatore di sparare le solite minchiate con i soci superstiti e assai rimbambiti che ti chiedono ventottomila volte: “Che hai detto?”. E tu gli rispondi: “Quella cosa là”. E loro: “Davvero?”. E si va avanti così per dei pomeriggi che è un passatempo piacevole anche da giovani, ma solo se ci si droga il mattino presto e ci si infila nelle orecchie degli imbuti che si trovano in un sacco di farmacie e non costano neanche tanto. Poi si bruciano, ti sparisce il cerume e stai come nuovo, una meraviglia: sei in città e riesci a sentire gli esserini dei boschi a chilometri e chilometri di distanza, pervaso da un primordiale senso di benessere in stile oponopono, che è la filosofia che ti fa amare persino le tue scarpe da pallone. Tu gli parli, gli dai due baci e loro ti fanno segnare una tripletta con bolidi da trenta metri appena sotto l’incrocio. Provateci. Con me, per ora, non funziona. La riprova in questo articolo: prima di iniziarlo, mi sono limonato la tastiera e ho dato due palpatine al computer e non è che il pezzo stia decollando.
Torno a Napolitano, al suo caso spinoso che è il tema del giorno. Gli manca poco a festeggiare un secolo su questa terra e va in giro così, senza alcun ausilio meccanico. E già qui ci sarebbe da fare un bel discorsetto ai parenti: non vogliono comperargli una motocarrozzetta (che usata, ma in buono stato si trova ad appena 1200 euro), allora che gli regalino una carrozzina normale (nuova a 179 e 90).
E poi c’è chi va in giro con lui, le guardie e i giornalisti, freddi, distaccati, privi di amore. Nessuno che gli dica: “Nonnino caro, vedrai che ce la facciamo, prendiamo la collana d’oro e portiamo a casa la pellaccia sani e salvi”. Oppure che lo sprona quando gli mancano le forze, facendogli intravedere il carotone finale, il miraggio che si trasforma in un obiettivo alla portata, ormai a un passo: “Giorgio, fai l’ultimo sforzo. Poi vedrai che numeri che ti fa stanotte la tua Clio. Altro che le panterone su Mediaset…”. Ho sperato ci fosse qualcuno, tra i cento che gli stavano intorno, che gli parlasse nell’orecchio, rincuorandolo, facendogli una carezzina, tirandolo un po’ con leggere pacche sul sedere. E mi sono intrippato duro, guardandomi on demand il video realizzato da Corriere.it. La delusione: ci fosse stato uno (un uomo, una donna, un animale domestico, non dico un cane lupo per ciechi, anche una bestiola misera tipo un canarino giallo o un pappagallino) che lo aiutasse. Lo trattavano come nulla fosse. Un estraneo. Non un eroe a un passo dall’impresa: il costoso presente alla consorte ben più giovane (Clio ha infatti solo ottant’anni) in cambio, probabilmente, di una notte di fuoco all’insegna di sesso, frustate, barbiturici (che con quel nome vetusto penso siano una droghetta per vecchi), pailettes, cotillon e cimeli della Grande Guerra come le maschere antigas per attizzarsi un po’ quando scende un attimino la passione.
Ci fossi stato io lo avrei portato in braccio perché mio babbo e mia mamma, fin da quando ero piccolissimo, mi hanno insegnato che gli anziani vanno aiutati. Perché tra poco muoiono e vanno in paradiso. E da lì possono ricambiare il favore che gli hai fatto. Capita pure ti facciano vincere al Gratta & Vinci se lo vogliono, se glielo chiedono a San Pietro. E finisce che d’un colpo la vita ti cambia: diventi milionario, ti trovi alle Seychelles perché sei stato gentile con un anziano. Basta poco: lo fai attraversare, poi lo accompagni al bar e gli offri sette bianchini della peggior specie (quelli da un euro a calice) regalandogli una dozzina di datteri caramellati di cui i pensionati sono tutti golosissimi. Ancora meno: lo difendi dalla cattiveria dei grillini che se piove ti danno l’ombrello in testa e se c’è il sole ti cacciano due dita negli occhi perché pensano che sei un extraterrestre venuto da Ork. E lui, dico il vecchio in questione, una volta morto, si ricorda di te. Da lassù ti rende il nuovo Steve Jobs o, se sei donna, ti dà l’immensa fortuna di Caterina Falleni, quella che ha inventato il frigorifero che va senza corrente. E sei pieno di dollari e la gente ti ferma per strada e vuole fare un selfie con te solo perché tu, un anno prima, ti sei portato a casa un vecchissimissimo e gli hai dato da mangiare un piatto di cassoeula calda e ristoratrice facendolo sentire giovane, come quando i treni arrivavano in orario. Quanto ci costa? Qualche euro per i pezzi di maiale dal macellaio, qualche centesimo per le verze. E quell’anziano, che adesso sta in cielo accanto alla Madonna, ti fa trovare una borsa piena di franchi svizzeri. Pensiamoci. Non è il caso di cambiare rotta?
Perché, forse, se il nostro Paese è in crisi economica non è per via dei dolori muscolari (vedi la brillante analisi fatta da Luca Del Monte), ma dipende dal fatto che non siamo buoni con quelli che hanno già un piede nella fossa. Il nostro comportamento li fa restare male, li rende cattivi e quando vanno dal Padreterno fanno fallire le aziende della Bergamasca e del Lecchese.
Quindi oggi sono qui a scrivere a Napolitano. A dirgli pubblicamente che gli sono vicino. E che se vuole lo porto al mare, in Riviera. Stiamo stesi sui lettini, in relax, con la moto carrozzina parcheggiata, pronta se ci viene voglia di fare un giro sugli autoscontri. La legge elettorale può aspettare. Tanto è dieci anni che devono farla. Non sarà una settimana a Zadina di Cesenatico a cambiare le drammatiche sorti e progressive dell’Italia. Si va al Kursal, ci portiamo anche la Clio (non la vettura, ma la giovane moglie). Loro in una stanza, io in quella di fianco che se han bisogno, se si incastrano male, arrivo al volo e li disincaglio. Con dolcezza.
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