di Fabio Spaterna
Un tripudio di persone colorate di giallo, rosso e verde; giovedì scorso l’oratorio di San Sisto di Colognola si è vestito a festa per l’arrivo del presidente boliviano, Evo Morales. Dopo balli, musiche e l’apprezzato discorso dell’ex sindacalista dei raccoglitori di foglie di coca, tanto amato dal suo popolo proprio per le sue origini umili, Morales si è infilato le scarpe con i tacchetti per una partita di calcio a 7. Come tanti boliviani, anche il presidente è un appassionato di pallone, e ha stupito i suoi connazionali sfoggiando un buon piede segnando, tra l’altro, la seconda delle reti della sua squadra, vittoriosa per 5-0. In questa fantastica giornata anche alcuni volti noti del nostro giornale: gli arbitri (alla faccia di quei giornali che sparano a colori una foto del presidente con in mano magliette di altri enti) scelti dall’organizzazione erano quelli della Uisp, da sempre amica di Bergamo & Sport; la lettera aperta scritta per il presidente da una trentina di associazioni italo-boliviane è stata letta dal palco da Jorge Rios, nostro collaboratore e bravissimo giornalista che segue da vicino la sua numerosa comunità sparsa nel territorio orobico.
Ma al di là della partita, quello che conta è Evo Morales come simbolo politico di quella rinascita in chiave anticapitalista alla quale ambiscono diverse nazioni sudamericane. Dopo la scomparsa di Hugo Chavez e il buen retiro di Fidel Castro, spetta a Evo aprire la strada in Bolivia a una rivoluzione socialista di stampo bolivariano. Tra due giorni ricorrerà il quarantesimo anniversario del golpe militare che rovesciò, in Cile, uno dei primi governi democratici del Sudamerica, quello di Salvador Allende. E allora la visita di Evo Morales a Bergamo, la città europea che in proporzione ospita il maggior numero di boliviani, non è certo casuale: qui i nostri amici sudamericani lavorano sodo e, come il loro presidente, giocano a pallone. Il loro sogno è giustamente quello di tornare, un giorno, al loro Paese: piace pensare che Bergamo sia per loro come Macondo, il paese utopico raccontato da Gabriel Garcia Marquez nel suo romanzo più famoso, Cent’anni di Solitudine. Adelante Evo, il popolo è con te.