di Marco Bonfanti
Si ritorna in terra bergamasca e più precisamente in quel di Caravaggio, santo luogo ormai ben conosciuto. E così si trovano dei nuovi figuroni, visto che la scelta, per quest’anno, è di pescarli fra i calciatori orobici che più ci colpiscono.
Ma stavolta, comunque, non dai calciatori partiamo, per i nostri figuroni. Quelli che scegliamo, invece, sono addirittura tre in un colpo solo e rispondono al mai sufficientemente amato nome di terna arbitrale.
Perché li scegliamo? Forse perché , una volta tanto, siamo ammirati dalla loro precisione, dai loro occhi di lince, dal loro subitaneo fischiare e dal loro andare, instancabili, su e giù per il campo erboso? Niente di tutto ciò, la nostra scelta cade sulla terna di domenica semplicemente per la loro provenienza. Infatti, per arbitrare Caravaggio-Lecco , partita della lega dilettanti manco tanto di cartello, vengono scelti un arbitro di Reggio Calabria e due guardalinee di Messina, persone che vengono, cioè, da una distanza siderale che supera i 1400 chilometri.
Ecco, in primo e sostanzioso luogo, ci vien da chiederci il perché di questa scelta. E una risposta precisa non riusciamo a trovarla, ed essa, la mancata e certa risposta, resta solo lì a fare il paio con una montante indignazione. Infatti una distanza così profonda implica, sicuramente, tempi di spostamento assai allungati, i tre saranno, minimo, partiti sabato e tornati in loco lunedì, con uno sciupio di soldi e di tempi assai ingiustificabile. Ci viene allora da pensare che tale scelta sia stata fatta perché la Lega Dilettanti, benemerita società, promuove in tal modo la conoscenza e l’interscambio fra realtà geografiche , e quindi pure culturali, diverse. Ma se così fosse, ci chiediamo, perché limitarci ad aree regionali diverse e non allargare la provenienza delle giacchette nere, ora gialle, oltre i confini statali, quindi ad altri paesi, posto che Parigi, Berlino ed Amsterdam sono più vicine a Caravaggio di quanto non lo siano i luoghi da cui arrivava la terna di domenica.
Ma forse, ci sorge questo dubbio, quelli della Lega Dilettanti pensano, al fondo, che gli uomini siano naturalmente malvagi, disonesti e corruttibili, per cui tra la partita e gli arbitri occorre mettere di mezzo una certa distanza di sicurezza, che in parte lenisca l’attitudine a vendersi dei fischietti italiani. Sì, perché, a noi ci verrebbe da dire che se bisogna arbitrare a Caravaggio, si potrebbe venire dalla Val Brembana, dalla Valle Imagna, da Bergamo o, se proprio si vuole andare lontano, da Como, che così in un giorno si va e si viene e finisce lì con un bel risparmio. Spero che tra chi mi legge vi sia qualcuno addentro ai misteri arbitrali e mi tolga il dubbio su questa incapibile consuetudine.
E veniamo adesso ai calciatori.
Trovare il figurone del giorno è come diventato un gioco fra me e Beppe, che vediamo le partite insieme e ci comunichiamo puntualmente i pensieri. Allora per prepararci all’osservazione coscienziosa ci siamo, prima della partita, studiati le formazioni per vedere se c’erano dei nomi che ci avrebbero potuto ispirare.
Subito ci sono venuti all’occhio i due rispettivi numeri otto: Lamesta per il Caravaggio e Di Gioia per il Lecco e abbiamo pensato che si poteva vedere, tra mestizia e gioia, chi usciva vincente dalla battaglia. L’ipotesi l’abbiamo scartata in corso d’opera, perché, nel vedere la partita, abbiamo perso di vista semplicemente i due, diciamo poco presenti.
Anche il numero nove del Caravaggio, un certo Peli, non era male. Se avesse segnato e il Caravaggio avesse vinto, si poteva dire che il Lecco aveva perso per un Peli, ma poi non ha segnato e quindi l’abbiamo scartato.
Alla fine il figurone che ne è uscito è stato invece Stefano Brognoli. Ora c’è da dire che la partita è stata quanto di meno calcistico si possa immaginare, il Lecco ha fatto un bel catenaccione, il Caravaggio ha cercato, in maniera velleitaria di superarlo, ma si è beccato pure due gol e ha perso in maniera ingloriosa.
In questo naufragio per noi, il solo Brognoli si è salvato, nel senso che, mentre la barca andava inesorabilmente a fondo, lui ha continuato, con una certa veemenza anche, a remare. Ora, il Brognoli non è di primo pelo, ha di anni trentadue e ha alle proprie spalle una dignitosa carriera. Ma pur sul viale del tramonto egli continua a portare il proprio fattivo contributo di idee e di corsa, insomma non è che è lì solo per far passare il tempo residuo. Dalla sua abbastanza luminosa carriera si evince che lo strumento ha imparato a suonarlo con una certa maestria e pur essendo finito in un’orchestra dalle tante stecche, lui ci dà di fiato, con una certa grazia e intonazione. Che poi se il Caravaggio un qualche timido tentativo di segnare l’ha fatto, questo lo deve a lui, tanto che il Brognoli ha preso pure una traversa. Come ha fatto pure dei bei passaggi e qualche indovinato cross ma, almeno domenica, predicava nel deserto. E intanto che la terna arbitrale molto oriunda si sarà beata del verde bergamasco, lui andava su e giù, apriva e chiudeva, saliva e scendeva, ma non c’era costrutto, domenica.
NELLA FOTO STEFANO BROGNOLI, PUNTO DI FORZA DEL CARAVAGGIO