di Matteo Bonfanti
Due settimane fa concludevo le mie ferie estive con un tarlo in testa che ancora mi assilla: c’era davvero o è stata una mia visione il tedesco che vendeva il cocco bello su e giù per la Riviera? L’ho visto in carne e ossa, ci siamo anche parlati, mi ha detto: “Dimentikaten la creman?”, ovviamente ironizzando sulla mia faccia da maiale scottato su quel girarrosto che è il sole ferragostano. Io l’ho guardato, era biondo come la birra e rosso come un peperone e gli ho risposto: “Hai scelto il lavoro giusto, ti faccio i miei complimenti, uomo quasi di mezza età venuto dall’area fredda e continentale a rischiare una seria insolazione, ma di quelle pesanti, con febbre alta e danni cutanei probabilmente permanenti”. Lui non ha capito e mi ha sorriso. Io gli ho comperato due pezzettini della noce esotica, uno per me, l’altro per i miei figli, Vinicio e Zeno, otto e sei anni, due ometti che sono in forte crescita e hanno preso il vizio di rubarmi il pane di bocca e l’hamburgherone che di solito trovo dentro, quando abbiamo la serata libera e andiamo a sfondarci al Mc Donald’s. Evitiamo di dirlo a mia moglie, la loro mamma, vegetariana a intermittenza che predica bene (“povere bestie, ammazzate a coltellate”) e razzola male (nel frigor, di notte, a caccia del prosciutto cotto). Quindi la mia fetta di cocco bello se la sono pappata loro. Ma non è questo il problema. Il vero dramma è il crucco. Perché mi ha completamente ribaltato l’idea che ho sempre avuto dell’Europa e che si è formata quando ero piccolino e più che altro si passava il tempo a raccontarsi barzellette di pessimo gusto, le classiche, poi rispolverate da Silvio B. e che resistono ancora. C’è un italiano, c’è un francese e c’è un tedesco. La nostra popolazione? Furba e scioperata, quella transalpina precisina e con la puzza sotto il naso. Quanto agli alemanni, belli, alti, ricchi, senza difetti, tranquilli anche perché sono gli unici nel mondo conosciuto che hanno ancora un’occupazione stabile in fabbriche dove si guadagna almeno il triplo di quello che si prende da noi, ma lavorando la metà e con un sacco di ferie pagate, almeno tre mesi da passare a Riccione, a Cattolica, a Cervia e a Pinarella. Impossibile quindi immaginare un uomo di stirpe germanica che si mette a fare l’ambulante in concorrenza coi negri che invece stanno messi malissimo da sempre, hanno la pancia gonfia d’aria e le peggio malattie che li portano ad avere freddo anche a mezzogiorno sul bagnasciuga. E’ per questo che gli africani si coprono esageratamente, con le camicie di flanella pure in agosto. Poveri. Non come i cinesi che all’inizio sembravano miserabili e gli si voleva bene nonostante non ci parlassero mai, manco per sbaglio o sotto tortura, e poi si sono comperati tutta Bergamo e mezza Dalmine e adesso sono visti un po’ come gli americani prima di Obama: ricchi e gradassi.
I tedeschi non sono cambiati. Hanno rischiato qualcosina quando Canale Cinque ha mandato in onda “Noi ragazzi dello zoo di Berlino”. L’abbiamo visto e abbiamo pensato che in Germania non fosse proprio tutto rosa e fiori. C’era la Bmw, c’era la Wolkswagen, ma anche un sacco di gente che si drogava esageratamente, persino a scuola o in azienda, pareva volessero uccidersi tanto si pungevano con quelle siringhe che ci facevano una paura pazzesca. Ce ne erano un sacco al parco dell’Eremo, a Lecco, sotto casa mia, dove abitavo, in vial Turati, e ogni volta tornavamo a casa pensando di aver preso l’Aids. Che non sapevamo bene cosa fosse, ma ci terrorizzava a morte perché, quando ti colpiva, ti metteva addosso un contorno violetto e una musica che al confronto quelle dei film di Dario Argento erano un sottofondo che t’invitava a limonare. Quel terrore era ogni sera alla tv, si chiamava pubblicità progresso e ci ha fatto spaventare almeno per un decennio. Dovevi fare un prelievo? Passavi il giorno prima a messa, a pregare, sperando che all’ospedale non volessero infettarti, così, per farti uno scherzetto.
Sono il solito, sono ondivago. Sono il dottor Divago. Scusate, torno ai germani. Cristiana F. e i suoi amici balordi sono durati poco, subito sostituiti dalla Merkel che è brava e non fa vergognare la popolazione. Dicevano capitasse agli italiani all’estero quando a Palazzo Chigi c’era Berlusconi: vivevi in un’altra nazione ed era un casino. A Londra, a Berlino, a New York: tutti a indicarti, a trattarti malissimo, a farti le pernacchie o il dito medio, a scoreggiare quando passavi a piedi per strada o ti succedeva di prendere il pullman. Storie incredibili raccontate dai giornalisti dei quotidiani di sinistra. E io ci credevo, ma qualche dubbio l’avevo. Così ho fatto la prova con Claudia e Scappa che abitano a Manchester da secoli e tornano in Lombardia solo a Natale. Mi sono messo a stressarli: “Come va lì? Il nostro premier ha fatto le corna al G8. E adesso? Gli inglesi vi mettono le mani addosso? Vi sputano in faccia?”. E loro alzavano le spalle, pensavano fossi matto perché in Gran Bretagna non gliene fregava a nessuno chi fosse il presidente del Consiglio in Italia. E io mi chiedevo cosa scrivessero i colleghi di Repubblica. Inventavano?
Resto lì, ai giornali nazionali. Il più bravo che scrive sull’inserto bergamasco del Corriere della Sera si chiama Fabio Spaterna. E’ identico a Jurgen Klopp, il mister del Borussia Dortmund. Gemelli, uguali persino nei movimenti, nel viso quando sorride, nel taglio della barba. Che sia un’idea della Merkel? E mi è venuta una teoria. La cancelliera manda in Italia dei cloni dei suoi personaggi più famosi, ma li potenzia rendendoli più intelligenti, più simpatici e più brillanti dell’originale che è già tanta roba. E tutti pensano che la Germania sia fighissima perché se conosci Spaterna, che tra l’altro è spesso in giro per la città, lo trovi un tipo super. Lo senti parlare, leggi i suoi articoli e finisci per amarlo. Poi lo saluti e vai a casa, accendi la tv e c’è Klopp che va in aereo. E gli vuoi subito bene perché ti ricorda il suo sosia, il giornalista. E magari comperi una Opel e capisci che la Merkel è un genio. Poi, a volte, sbaglia anche lei e invia in Riviera il venditore ambulante di cocco bello.
IDENTICI – Nella foto: da sinistra Fabio Spaterna del Corriere della Sera e Jurgen Klopp del Borussia Dortmund