Trent’anni a fare la differenza tra il centrocampo e l’attacco segnando raffiche di gol e regalando assist da urlo ai compagni di squadra. Prima nelle giovanili, poi in tante prime squadre che hanno fatto la storia del calcio bergamasco, sempre seguendo i consigli di chi sedeva in panchina. Ora il mister sarà lui e chissà se riuscirà a trasmettere l’immensa passione dimostrata in campo e che l’ha portato a superare l’immenso traguardo di 250 reti segnate nei campionati provinciali. E’ tutto vero: Omar Omario Valenti, classe 1975, la bandiera dell’Agnelli Olimpia, appende le scarpe al chiodo e diventa l’allenatore dei rossoblù, il club che l’ha cresciuto quando era un bambino. E da qui parte una bellissima storia, quella di un fantasista che ha fatto la differenza in ogni categoria, legandosi indissolubilmente alla società del suo quartiere, Borgo Palazzo. «Da piccolissimo abitavo a Boccaleone – racconta l’ormai ex numero dieci -. Poi ci siamo trasferiti e siamo andati ad abitare vicino alla chiesa di piazza Sant’Anna. Così ho iniziato a giocare nell’Olimpia. Qualche anno nel vivaio cittadino e sono passato alla Virescit. Poi sono tornato in rossoblù. Finite le giovanili, ho fatto la mia prima esperienza nel calcio dilettanti con la maglia del La Torre, in Prima categoria».
In che ruolo giocavi? «Trequartista o seconda punta, ho sempre fatto quello. Tre stagioni a Torre Boldone e il grande salto a Ponte San Pietro con mister Nado Bonaldi in panchina. Ammetto che ho fatto un po’ di fatica perché passare dalla Prima all’Eccellenza non è facile, cambiano sia il ritmo che il livello. Le mie presenze le ho fatte, la stagione è andata bene e non posso lamentarmi. Ma l’anno dopo ho subito cambiato passando a Chignolo dell’allora presidente Marziale Bonasio, l’attuale numero uno del Pontisola».
All’inizio della carriera eri un giramondo. «Sì e se mi guardo indietro devo dire che mi sono trovato bene in tutte le squadre dove ho giocato. Nel calcio ho conosciuto tante persone bellissime, con alcune sono rimasto in contatto, con altre non ci siamo più frequentati. Eppure quando ci s’incontra in giro, per caso, è sempre divertente. Un attimo e si ricrea lo spirito di gruppo di quando condividevamo il campo e lo spogliatoio».
Che stagioni sono state quelle a Chignolo? «Due stagioni da ricordare, la prima con il salto in Promozione, la seconda con un ottimo quinto posto nel ruolo di matricola. Lì ho conosciuto Nicola Mazzon della Itaca. Era lo sponsor, in breve tempo è diventato uno dei miei più grandi amici e siamo in contatto da quasi quindici anni. Ora ci piacerebbe tornare a fare calcio insieme, appunto all’Agnelli Olimpia».
Dopo Chignolo, l’ambiziosa Zognese. «I miei anni calcistici migliori. Squadra in Promozione, rosa di alto livello e un gruppo stupendo, arrivato fino allo spareggio per andare ai play-off. Lì ho conosciuto Roberto Rovetta, il diesse del club brembano, un’altra persona che stimo. Siamo partiti parlando di calcio e siamo diventati amici. Dopo la Zognese, sono andato a Curno, quindi sono tornato all’Olimpia, la società del mio quartiere».
Per chi come noi si occupa di calcio bergamasco relativamente da pochi anni (un decennio), tu sei la bandiera rossoblù. «All’Agnelli Olimpia ho giocato otto stagioni, quattro in Seconda, quattro in Terza. Ma ho sempre frequentato la società. Anche quando giocavo in altre squadre ero presente, allenavo i ragazzi del settore giovanile: un anno i pulcini, l’altro gli esordienti, l’altro ancora la juniores. Da qualche stagione faccio anche il direttore sportivo e il vicepresidente. Nei club degli oratori è così: le risorse sono poche, chi ha voglia di impegnarsi è sempre ben accetto e a me è sempre piaciuto dare una mano».
Hai giocato in Eccellenza e in Promozione. Poi ti sei legato indissolubilmente all’Agnelli Olimpia. Perché? «Anche per via del clima che si respira in un club dell’oratorio. E’ un pallone totalmente diverso dall’esperienza in una formazione di Eccellenza o di Promozione. All’Agnelli Olimpia non ci sono i rimborsi chilometrici o il presidente che il martedì arriva nello spogliatoio a dire che così non va. Gli obiettivi stagionali non esistono: nessun dirigente ti chiede di vincere la Terza o di salvarti in Seconda. Non c’è l’assillo del risultato, ma l’idea di creare un gruppo sano, aperto agli amici, apertissimo ai ragazzi del settore giovanile che, una volta finita l’esperienza nel vivaio, possono continuare a giocare in Terza. A riprova i diciassette giovani che in tre anni hanno iniziato a far parte della rosa della nostra prima squadra».
Hai segnato in carriera la bellezza di 250 reti. Chi più di te può dirci cosa si vive quando si segna un golasso? «Metterla dentro è sempre un’emozione straordinaria. E’ così quando si gioca nelle giovanili come da adulti. Poi alle volte la felicità è doppia o tripla rispetto al normale. Succede quando un gol è decisivo e raddrizza una partita storta magari a tempo quasi scaduto. Insomma far gol è sempre bellissimo, ma è diversa l’emozione che ti dà la rete del 6-0 da quella del 2-1».
Parli ancora da calciatore… «In effetti l’intenzione a fine stagione non era quella di appendere le scarpette al chiodo. Da diesse ho parlato con alcuni allenatori e tutti volevano un minimo di rimborso che noi non potevamo offrirgli. Quindi col presidente Conca abbiamo deciso di tentare questa strada: io in panchina con lui che ha il patentino».
Il mister a cui sei più legato. «Certamente Nicola Capitanio, un grande uomo. Quando era il nostro allenatore, ha perso un figlio, l’esperienza più brutta che può accadere a una persona. Ha vissuto la tragedia con dolore, ma anche con un incredibile forza d’animo, senza perdere mai il sorriso, la sua simpatia e facendoci capire che c’è molto di più che il risultato della domenica. Ci ha dimostrato che si può andare avanti, anzi che si deve farlo. Capitanio è certamente un esempio».
Ora la Top 11 della tua carriera. «In porta Massimo Inglesi, con me a Chignolo e a Curno. Poi Francesco Verzeni, fortissimo in campo, simpaticissimo fuori. Con lui Massimo Campana e Franco Terzi, entrambi compagni nella mia stagione a Ponte San Pietro. In mediana Nicola Chiappa, anche lui ex Ponte, e tre ragazzi con cui giocavo alla Zognese. Sono Stefan Rinaldi, Fabio Zanchi e Loris Tiraboschi. Nel tridente Giuseppe Pesenti, ex La Torre, Giordano Colleoni, ex Chignolese, e Cristian Colleoni, ex Ponte».
E Omar Omario Valenti? «In panchina… Anche perché ora faccio il mister».
martedì 15 Luglio 2014