In questa mia vita, che da un po’ pare ogni volta una serie televisiva comica, tragica e dolcissima, incrocio sempre più spesso i vigili del fuoco di Bergamo, gente davvero bella, simpatica e gentile, coraggiosa e parecchio ironica. Ma è fin dal principio che la mia mattina si sviluppa passando da un accadimento eccezionale all’altro.
E, allora, via con i fatti: sono le nove, sono abbastanza sveglio, diciamo al quaranta per cento, insomma non del tutto e comunque ancora disteso sul lettone della tana di via Malfassi, quando vedo comparire la mia ex moglie, Costanza, meravigliosa e angelica, uguale a come mi immagino la Madonna quando in cielo si mette a giocare a briscola con mia nonna, la Pina. La santa donna, non dico la Vergine, ma la madre dei miei due figli, mi sta facendo i mestieri. Apro definitivamente gli occhi, la guardo con la scopa in mano e penso a quanto sia una donna incredibilmente originale, avanti, lontana anni luce dai sentieri dell’odio che spesso si battono se finisce un amore. “Costy, sei davvero tu o è un sogno?”, ridiamo, “ti ha mandato il dio delle pulizie o la divinità romana che all’epoca si occupava di disinfestazioni e di derattizzazioni?”. Le chiedo se vuole un caffè, risponde “sì”, apro la scatola Illy e la polvere è finita, mi dice “va bé”, e poi sputa il rospo, “arriveranno i pompieri a recuperare il cellulare di Adam che ieri è finito sulla grondaia del tetto”. Si accorge che il mio viso è diventato tale e quale a un punto di domanda, mi lava la parte di pavimento in cui da qualche settimana si scivola di brutto, manco fosse una pista di pattinaggio di ultima generazione, raccoglie i vetri, me li porta giù, mi accompagna a far colazione al My Fair e va a lavorare. In catalessi, nonostante due caffè doppi, decido che è venuto il momento di andare a lavorare.
Prendo la Giallona e sono all’altezza del cimitero quando mi chiamano i vigili del fuoco, “siamo sotto casa sua”, “arrivo”, “grazie”, “prego, tornerò”. Li vedo, in forma, incredibilmente svegli, sul pezzo, mi vedono, ancora sconnesso, con la lingua felpata, e la sensazione è che abbiano tutti pietà di me, un uomo dal risveglio mucho lento. Sono stracarini, s’arrampicano sul tetto, recuperano il cellulare di Adam, il compagno di merende di mio figlio Zeno, si fanno fare una foto per la stampa, scherzano, mi prendono un po’ in giro, “lo sa quanto le costerà l’intervento… Ci lasci il telefono recuperato che andiamo in pari…”, e ripartono a bordo della loro camionetta roscia e fighissima. Faccio due passi, chiamo mio babbo, Marco, che mi dice che mi ha scritto una poesia, e mi perdo via a pensare all’immensa fortuna che ho, quella di vivere in questo posto che mi piace e che si chiama mondo.
Matteo Bonfanti
Qui il video del recupero del cellulare di Adam. Nel pomeriggio cercherò di scoprire perché mio figlio Zeno e il suo amico Adam ieri sera si trovassero sul tetto della tana di via Malfassi