Non è una finale, eppure è un appuntamento imperdibile. Succede raramente alle squadre “normali” di affrontare il Real Madrid. Ma se succede l’evento è epocale, addirittura storico. E succede, stasera, all’Atalanta. Non siamo qui a ripetere, noiosamente in questo periodo, da dove provenga la Dea rispetto agli allori conquistati dai cosiddetti, e giustamente, “galacticos”. Lo splendido Stadio nazionale di Varsavia, costruito per gli Europei 2012 sulle fondamenta del vecchio “stadio del decimo anniversario del manifesto di Luglio”, nome pomposo ai tempi dell’infausto regime del realismo socialista, è considerato uno dei più innovativi e moderni impianti calcistici d’Europa e l’Atalanta non deve sentirsi intimorita. Anche stasera si gioca undici contro undici e quando comincia la partita le glorie e i trofei restano in bacheca, contano i valori tecnici ma anche morali. L’attuale stato delle cose ha permesso a Gasperini la seguente affermazione: “Stavolta sono sicuro di non sbagliare formazione”, Ancelotti, invece, ha solo l’imbarazzo della scelta anche se ha perso Camavinga. La vigilia tra voli e transumanze con altri mezzi, treno, pullman, moto è stata solo un’attesa serena e tranquilla, del resto le difficoltà della partita sono note a tutti gli oltre seimila bergamaschi. E’ stato un approdo simpatico, non si può parlare di invasione, i polacchi ne hanno subite fin troppe nella loro storia millenaria, visitando una città al tempo stesso antica e moderna, ricostruita dopo la distruzione nazista e l’altrettanto difficile convivenza ai tempi del regime comunista. Una volta Varsavia era la “Parigi del Nord” cosi chiamata prima della Seconda Guerra Mondiale a distruggerla. I bergamaschi e madridisti, senza distinzioni, anzi spesso hanno fraternizzato, hanno preso d’assalto il centro storico, “Stare Maisto”, perfettamente ricostruito assunto dall’Unesco come “Patrimonio dell’Umanità”, è un dedalo di vicoli, piazzette, palazzi della nobiltà polacca dalle facciate colorate, lampioni a gas, insomma un autentico gioiello. Maglie e sciarpe nerazzurre ad ogni angolo, tante famiglie con annessi bambine e bambini sotto un sole caldo ma ammorbidito dal vento. E poi gruppi di spagnoli con la guida che illustrava la bellezza della capitale della Polonia. Poi l’ avvicinamento allo Stadio Nazionale, attraverso il lungo ponte sopra la Vistola. Un’attesa sempre più nervosa anche se non è una finale.
Giacomo Mayer