Nel mio solito tentativo fantozziano, estivo ed estremo, di perdere in men che non si dica i dieci chili di troppo accumulati in anni e anni di Negroni e stuzzichini al gorgonzola zeppi di calorie e di maionese Calvé, magnati al Blu Puro col mio socio, Marco, ogni giorno, intorno alle 18 e 35 circa, quest’anno ho tentato la via della redenzione in palestra. Tanto ha fatto Zeno, il mio secondo, una volta che eravamo in maghina tornando da non so dove. Mi ha detto, mentre il sudore dei suoi piedi appannava il parabrezza della Pandona Aranciona a Metano: “Tu, papà, nella classifica dei padri più bellini di Bergamo saresti primo, invece sei ottavo, e tutto per via della panza da alcolista che ti ritrovi… Perché non vai ad allenarti con Vini (l’altro mio figlio, il più grande, muscoli su muscoli, un fico da paura, ndr)?”. Quindi la sera ne ho parlato a Vinicio, “se mi iscrivo a Fit Active?” e lui “bravo” e io “grazie” e lui “vengo con te” e io, felice, “dai che gliela famo e che, magari, realizzo il sogno della mia vita e divento l’anziano modello della Volvo”. E Vini ha mantenuto la promessa e il primo allenamento lo abbiamo fatto insieme, poi, probabilmente, ha notato che ero troppo bollito e non l’ho visto più, ma manco a casa. Sicché, in quanto assai cucciolo, terrorizzato dall’andare da solo in mezzo a quella gente tanto muscolosa, ho simulato con il mio mitico personal trainer, un giovane uomo alto, con un sacco di capelli ricci e buono, di cui non ricordo il nome, ma che potrebbe benissimo chiamarsi Maicol o Raul, un dolore alla spalla che non mi permetteva di recarmi nella sede di Monte Red a fare esercizi ed esercizietti da lui prescritti per farmi tornare sano e decente. Lui mi scriveva, “Matteo, passa di qui”, io facevo il malato, “non posso, ho una lussazione”, che, ovviamente, non avevo. Tre mesi dopo, era l’inizio di maggio, mi sono detto “hai pagato, i soldi non li puoi buttare, si inizia, l’estate è ormai alle porte”. Questo per arrivare in forma ad agosto, a Cattolica, evitando le parole ascoltate in gruppo l’anno passato quando Duba, appena mi aveva visto, mi aveva detto che sembravo il gemello di Giuliano Ferrara. E sono partito, un’ora al giorno, serio, nel mio obiettivo, concentrato, distaccato, senza parlare con nessuna, visto che la palestra la vedevo come una sorta di comune sessantottina un po’ pop porno per via che due mie ex, va detto super porcone e sfaticatissime, hanno trovato l’amore della vita proprio lì, tra pedane vibranti e attrezzi per farsi gli addominali. Non sto tanto a menarla, solo dirvi che oggi ho avuto parecchie soddisfazioni, tre in particolare. Innanzitutto mia mamma, la Vale, sempre attenta al mio peso, che mi ha guardato ammirata dicendomi “sei tonico” (non gintonico, come invece mi definiscono al Bicerì). Poi Marco, il mio socio, il collega già citato, “se sei in forma, quasi quasi mi iscrivo in palestra anche io”. E gli ho fatto fare la foto che vedete, la prossima, a metà luglio, sarà da tamarrone ignudo con l’addominale scolpito in evidenza. In ultimo, non certo per importanza, una donna bionda gigante, barista con la passione del fitness, mentre facevo del cardio alla cazzo, saltellando sul tapis roulant. Si è fermata e mi ha fatto due complimenti, “ti vedo che ce la stai mettendo tutta, ti stimiamo”. Commosso, mi sono sentito per la prima volta parte del mondo dei palestrati, pronto a diventare il nuovo Silvester Stallone o un suo amico carissimo, tipo Ivan Drago.
Matteo Bonfanti