Noi due allo specchio, senza che ci importi che io sono di sinistra e tu un’icona della nuova destra, che io abbia parole estremamente misurate e tu invece il contrario, convinto come sei che il segreto sia nell’essere politicamente scorretto, che io mi stia mettendo ad occuparmi di una fredda e distaccata cronaca sportiva provinciale mentre tu sia mani, anima e corpo in un fondo bollente sulla politica nazionale, insomma solo questa cosa, l’unica che ci accomuna, il mestiere di scrivere. “Ho sempre tanti guai, li ho da quando sono nato, eppure, uguale ai miei colleghi, ho una fortuna unica, ho un porto sepolto dove rifugiarmi quando tutto va male. Lì va sempre bene perché c’è attraccata questa barca di pirati che è la mia redazione”. Era venerdì pomeriggio, io partivo con una frase, tu ne aggiungevi un’altra, insieme a descrivere questo nostro privilegio, il vascello dove sei tu ora a scrivere fumando e bevendo del vino e dove sono io a farmi l’ultimo sorso della mia Tennets, a cinquanta chilometri di distanza, come ogni volta lontani lontani dal mondo e mai così accanto ai nostri due cuori persi nell’universo del giornalismo. So che mi leggerai, ignorando se io stia raccontando di una squadra di calcio o di basket, piuttosto cercando di intuire perché ho scelto di mettere il punto e non la virgola alla tredicesima riga. So che ti leggerò, fottendomene che hai messo un’altra volte in croce la Schlein perché non è bellina (e dovresti piantarla perché non è una modella, ma che te lo dico a fare), rimanendo estasiato dalle tue battute tutte intorno e dalla circolarità del tuo nuovo pezzo. Va bè, per le tue idee di lunghezze in rete mi sto già dilungando troppo, buona notte, vecchio corsaro.
Matteo Bonfanti
La foto, bellissima, è di Ervin Bedeli, fatta per un mio articolo che uscirà sul prossimo numero di Bg Economia Magazine degli amici Paolo Agnelli e Francesco Legramanti