Lo sport è un linguaggio comune che chiunque può parlare, è uno strumento che unisce, che non conosce limiti. E con il progetto “Slums Dunk” (slumsdunk.wordpress.com) la pallacanestro diventa uno strumento al servizio delle strategie di solidarietà internazionale e di inclusione sociale, destinato a giovani atleti che vivono in condizione di marginalità sociale ed economica e ad allenatori più o meno esperti. Slums Dunk costituisce una storpiatura del termine inglese slam dunk (schiacciata), dove con slums si fa riferimento alle numerose aree e comunità emarginate che popolano il continente africano, come appunto la realtà delle baraccopoli. Il progetto è nato infatti in Kenya – nelle baraccopoli che sorgono nel territorio urbano della capitale Nairobi – ma in seguito si è esteso ad altre realtà del continente africano come lo Zambia. Questa organizzazione coinvolge i giovani giocatori e allenatori di basket in due settimane di basket camp, permettendo loro di migliorare le proprie abilità tecniche e tattiche, oltre ad offrire un importante momento di crescita e riscatto sociale.
Slums Dunk nasce dall’idea di un giocatore di pallacanestro professionista italo-argentino, Bruno Cerella (Cimberio Varese); in questa sua avventura Bruno coinvolge l’amico Tommaso Marino, anche lui cestista professionista all’Assigeco Casalpusterlengo con varie presenze in nazionale under 18 e 20, oltre a Michele Carrea, capo allenatore del settore giovanile e assistente in prima squadra a Casalpusterlengo (LO). Tra gli altri collaboratori del progetto c’è anche Ruggero Colombo, ala trevigliese classe ’87, ex-Scuola Basket Valtesse e da alcune stagioni colonna portante del Global Projet Romano Basket, protagonista della scalata sportiva dalla Promozione bergamasca alla Serie C Regionale. Di seguito raccogliamo le sue impressioni: “Un sentito “grazie” a Tommy e a Bruno: a loro sono davvero molto grato. Quest’anno son entrato a far parte dello “staff” di Slums Dunk: dall’8 al 25 giugno sono stato a Nairobi con altri tre preziosissimi collaboratori (Giuseppe Di Paolo, Alessio Castagnotto e Rosa Verde) e insieme abbiamo fatto del nostro meglio per diffondere la nostra passione e la nostra conoscenza della pallacanestro, in uno stato ma soprattutto in un contesto in cui – per molte ragioni – questo bellissimo sport viene approcciato in maniera diversa. Il ricordo più bello e indelebile che mi ha lasciato questa esperienza – e nel contempo la mia più grande soddisfazione – è nel sorriso e nel grande entusiasmo che i ragazzini di Mathare, la seconda baraccopoli più grande di Nairobi in cui noi operavamo, portavano ogni giorno al campo dove si è svolto il “camp”, a pochi passi dalle loro abitazioni. Arrivavano indossando sopra i loro vestiti le divise che gli abbiamo regalato, e solo alcuni indossavano le scarpe adatte per giocare. Vedere quanto si divertivano rincorrendo il pallone, forse per la prima volta nella loro vita un autentico pallone da basket, è stato indimenticabile”. Onofrio Zirafi
mercoledì 3 Luglio 2013