Alla fermata è un posto bellissimo. È dove andavo la mattina, appena sveglio, con mia sorella Chiara, che era bellissima e già grande e tutti la guardavano. Mi dava la mano e aspettavamo insieme che arrivasse il pullman, l’Otto, che mi portava a scuola, dall’altro lato della mia città, Lecco, nel profondo nord dell’Italia. Era l’inizio degli anni Ottanta, facevo la prima elementare. Ero piccino, minuscolo, mezzo addormentato e un sacco commovente per via dello zaino gigante che tenevo sulle spalle.
Alla fermata ero felice, tanto perché c’era Chiara, che era dolcissima, ma pure per le tre signore che stavano ogni volta ad aspettare lì con noi, la Rina, la Grazia e la Maria. Andavano al lavoro, facevano le operaie per l’azienda che allora produceva mille e passa lampadine al giorno. E ridevano mentre mi coccolavano accarezzando i miei capelli rossi. Le sentivo in sottofondo, chiacchieravano fitto del capo turno e dei loro padroni, dei tre mariti e delle domeniche coi nipoti.
Alla fermata ogni mattina conoscevo per intero almeno dieci vicende. E forse è proprio lì, in quelle lunghe attese, che il mio cuore ha deciso che avrei passato la mia vita a raccontare le storie delle persone, prima come giornalista, adesso come scrittore.
Quasi quarant’anni dopo, nell’aprile del 2020, alla fermata c’è Elisa, col suo computer, mentre raccoglie i pensieri e le parole dei suoi tanti amici sparsi nel mondo, così vicini e così lontani, rinchiusi in un mondo diventato improvvisamente piccolo, angosciante e inaccessibile. Dall’Inghilterra alla Colombia, dal Brasile alla Russia, dalla Scozia all’Italia, passando dalla Spagna per arrivare fin giù in Africa, l’autrice è la passeggera che aspetta alla pensilina che la Terra riparta, ma è anche l’autista di questo immaginario bus che grazie al web fa salire diciotto persone da ogni angolo del pianeta.
Sul nostro pullman ci sono il Covid e il lockdown, dappertutto in quei giorni, ma c’è anche molto di più. Elisa raccoglie lungo la sua strada donne e uomini in carne e ossa, che spesso hanno fatto scelte che li hanno portati lontano lontano da dove sono nati. Ci sono le loro paure, ma anche i valori su cui fondano le proprie esistenze, su tutti quello che si sta bene solo se anche gli altri stanno bene.
Così “Alla fermata” va oltre al suo obiettivo, quello di fotografare uno dei momenti storici più importanti per l’umanità nel preciso attimo in cui sta accadendo. Allarga il suo respiro e diventa un libro che s’interroga sulle grandi scelte che almeno una volta abbiamo fatto tutti, quella di partire o di restare, quella di concentrarci sulla professione o di dedicarci alla famiglia, quella di adattarci alle richieste di chi ci sta intorno oppure di prendere la via che porta al nostro benessere nonostante ci appaia come il motivo della sofferenza di chi ci ama.
Nascosta tra le risposte alle domande di Elisa, la cosa più bella, il regalo più prezioso fatto a noi lettori, il racconto di diciotto esistenze coraggiose, forti e determinate, in grado di darci la speranza che tutto questo ci porterà presto a un mondo migliore.
Matteo Bonfanti
Ps – L’articolo, che è anche la prefazione del libro, per invitarvi alle presentazioni di “Alla fermata”, un’opera bellissima scritta da Elisa Sgubin ed edita da Bergamo & Sport!