TORINO

– Ora o mai più. Un’occasione colta al volo e l’Atalanta, dopo trentadue anni torna a vincere dopo le stagioni di Evair e di Caniggia. Con un solo decisivo gol del solito implacabile Duvan Zapata. E adesso la formazione nerazzurro si avvicina minacciosa e spavalda verso i vertici della classifica. La Dea ha conquistato la sesta vittoria lontano da Bergamo confermando la sua imbattibilità. La Juventus ha subito senza mai riuscire a creare pericoli anche quando, nel secondo tempo, ha avuto la supremazia del campo con un gioco sporco, farraginoso e, soprattutto, povero di fantasia calcistica. L’Atalanta, stavolta, non si è fatta sopraffare dalla mania di attaccare ma lo ha fatto, dall’inizio fino al minuto novantasei, con giudizio e intelligenza sapendo che i bianconeri potevano rendersi pericolosi con il contropiede. In verità l’hanno tentato con Chiesa, nel primo tempo, e con McKennie nella ripresa ma prima Toloi è stato sontuoso nel recupero, poi Djimsiti è stato lesto ad anticipare l’americano con Musso bravo a respingere di petto. Abbiamo raccontato subito le offensive dei bianconeri per spiegare meglio la tattica messa in campo, col solito acume, da Gasperini. I nerazzurri hanno prevalso nei duelli con marcature rigide, peraltro consuete, in mezzo al campo: Freuler ha annientato Rabiot e De Roon ha permesso qualche accelerata a McKennie ma sempre controllandolo e chiudendo varchi e spazi. Del resto il “sarto” di casa atalantino, e si sa, è Freuler che cuce e ricuce, non poteva farlo, sull’altra sponda, perché era insidiato da Pessina, magari non brillante come ai bei tempo, eppure efficace a buttarsi nel bel mezzo del gioco. In difesa Demiral, finalmente in gran spolvero, Djimsiti, trasformato in assistman nell’occasione del gol, e capitan Toloi non permettevano a Dybala e a Morata di creare problemi a Musso. Spingeva Maehle, magari pasticciando un po’, e Zappacosta, seppur non al meglio, non si faceva mai sorprendere, anzi ha avuto due occasioni da sfruttare meglio come al 41’ quando ha preferito cercare Zapata che appoggiare al liberissimo Malinovskyi. Ecco, Malinovskyi: l’ucraino ha pasticciato troppo, sembra spesso in grado di trasformare la sua iniziativa in qualcosa di decisivo, invece si perde nella steppa. Zapata, ottavo gol, ormai è una consuetudine, lanciato da Djimsiti ha lasciato di pietra De Ligt e Bonucci e di destro ha colpito la Juventus. Poi, da solo, ha fatto reparto, come si dice in gergo calcistico. Quando prendeva palla creava panico alla difesa bianconera, poi tornava a aiutare i compagni di difesa, quindi cercava lo sbrego. Insomma insostituibile. Nel primo tempo, senza particolari accelerazioni, ma dosando con intelligenza le sue forze la Dea ha cominciato a prendere possesso della partita con la consueta dose di passaggi e triangoli sia a destra che a sinistra per liberare al tiro il nerazzurro che si inseriva ma mancava quel tocco decisivo. La Juventus tentava il contropiede con Chiesa, bloccato da un sontuoso Toloi, l’Atalanta costruiva il gol con Zapata. E sul vantaggio allestiva la sua partita con efficacia tattica e perfino una buona manciata di prudenza. Stavolta mai così opportuna. Nel secondo tempo, infatti, la Juventus con lo spirito della disperazione spingeva e otteneva la supremazia, eppure Musso non aveva da lavorare in maniera eccessiva: solo il salvataggio su McKennie e sul tiro di Rabiot. Nient’altro perché la punizione nel finale di partita calciata da Dybala si spegneva sul montante, la parte sopra, finendo in tribuna. Ecco, sarebbe stata una beffa subire il pareggio all’ultimo secondo ancora un’altra volta. Infine il colore delle maglia. Il corallo è il simbolo della vita ed è considerato un portafortuna. Ricordate il colore del cornetto scacciaguai?
Giacomo Mayer