Tendenziale regista o mediano a due nel 4-2-3-1, mezzala in Azzurro solo perché il metronomo designato è l’oriundo do Brasil Jorginho Frello, tra l’altro più propenso a perdere palloni di lui, il nostrano vero. Che Manuel Locatelli, parafrasando un vecchio adagio pubblicitario in tv, faccia le cose per bene non è un mistero per chiunque mastichi football. Un nome che non si fa mai, nei rumors di mercato che rimbalzano di corridoio in corridoio alla voce campagna di rafforzamento dell’Atalanta. Eppure, oltre a essere un fenomeno, classe 1998, destro e sinistro, regia e compagni pescati a breve o in profondità, fisicità abbinata a un gioco senza fronzoli, il ragazzo di Garlate svezzato a pane e pallone dal papà all’oratorio di Pescate sarebbe un cavallo di ritorno. Strappato dal Milan, undicenne, dal responsabile scout (ex atalantino, dal 1991 al 2006: Gabbiadini, Caldara, Conti e Gagliardini tra le scoperte) e poi dell’attività di base Mauro Bianchessi a due rotazioni dallo scippo ai poveri del lago dell’osservatore Paolo Rota e parallelamente allo sgarbo di Zingonia al Diavolo per Mattia Alborghetti, oggi al Ponte San Pietro.
Indovinate chi ci guadagnò dallo scambio di dispetti. Costoso finché si vuole, l’ex rossonero un tempo bambino nerazzurro felice e lasciato libero da Milanello troppo frettolosamente, ma gli investimenti sui giovani italiani o si fanno quando sono dei signori nessuno, magari in attesa di una rampa di lancio, oppure una volta “arrivati”. Se si è titolare nell’Italia senior vuol dire che nel ruolo, pardon nei ruoli di centrocampo, di meglio in giro non ce n’è o quasi. Altro che il “mediano goleador” olandese Teun Koopmeiners, un clone di Ruslan Malinovskyi che gioca più arretrato e avanza solo per liberare la carocchia, sul quale la dirigenza sta facendo la solita figura del braccino corto (prezzo dell’Az fissato a 20 e qui pare che si fatichi a scrivere 18) come del resto per il compagno del lecchese al Sassuolo, l’aletta irresistibile Jeremie Boga, frenata nella corsa al top della valutazione soltanto dal Coronavirus, 80 giorni fuori all’inizio e stagione zavorrata.
Marten de Roon e Remo Freuler, che come ricambi hanno jolly adattati del pari di Matteo Pessina, Mario Pasalic che è una mezzala fatta e finita e l’oggetto del mistero ucraino Viktor Kovalenko piovuto dal gelo della finestra invernale e mai utilizzato al netto dello scampolo a Verona, non sono certo eterni. I chilometri macinati, prima o poi, rischiano di fondere il motore. Per questo, anziché cercare punte aduse a girare al largo come i vari Jonathan Bamba (Lille), lo stesso compagno in neroverde del garlatese e (un po’) Janis Antiste, 2000 del Tolosa, sarebbe forse meglio puntellare la miniera della manovra, aggiungendo un frangiflutti di lusso, più portato a costruire che all’interdizione, ma allo scopo c’è una levatrice dai toni soffiati e vibrati come Gian Piero Gasperini che smuoverebbe i piedi anche a una statua di sale. Pensateci, cari Giovanni Sartori e Luca Percassi. I gol già ci sono, nessuno in Italia e spesso anche entro i confini continentali segna quanto la Dea. Ma nel motore, a volte, ci vuole una tigre in più.
Simone Fornoni