Per la trentesima puntata, “Attenti a quei due” volge eccezionalmente il proprio sguardo ai fratelli d’arte. In una dinamica ricorrente, per la realtà dilettantistica, ecco due fieri paladini del pallone vissuto da prospettive diverse, ma con il sommo precetto di divertire e divertirsi. Nel caso dei fratelli Deblasio, un trait d’union non soltanto composto dal legame di sangue, ma da quell’autentico scrigno di passione che è Zanica, personificata con vividezza sia da Fabio, classe ’89, attuale diesse dell’Uso Zanica, che da Luca, attaccante classe ’91 con la predilezione per la fotografia. Fotografia rigorosamente di settore, essendoci di mezzo un settore giovanile e una piazza che trova pochi eguali, per senso di appartenenza e per professionalità profusa, a dispetto delle ristrettezze. L’Uso Zanica non può prescindere dall’impatto dei fratelli Deblasio e, in tempi quanto mai incerti, sospesi come sono tra la smania di ripartenza e le incognite per il futuro, economico oltre che sportivo, la grande carica espressa dai due protagonisti di “Attenti a quei due” suona da stimolo per tutti gli appassionati. Se è vero che il vocabolario di tutti i giorni si è arricchito di termini cari a Ordinanze, Decreti e dissertazioni medico-scientifiche, la provincia bergamasca prova a ripartire… dai congiunti.
Nome, Cognome, Soprannome.
F.D: “Fabio Deblasio, per tutti “Debla””.
L.D.: “Luca Deblasio, “Debla” o “Conte””.
Professione.
F.D.: “Impiegato amministrativo in un’azienda che si occupa di facciate prefabbricate architettoniche”.
L.D.: “Ingegnere edile”.
Incarico nel dilettantismo.
F.D.: “Direttore Sportivo dell’USO Zanica”.
L.D.: “Calciatore e fotografo per il settore giovanile”.
Pronostico secco: quando torneremo in campo?
F.D.: “Spero settembre. L’evoluzione dei contagi e l’arrivo del vaccino ci permettono di essere ottimisti. La speranza, più che tornare in campo, è quella di rimanerci in piena sicurezza”.
L.D.: “Torneremo in campo a settembre, spero solo non con le “certezze” (si corruccia, sarcastico, n.d.r.) dello scorso anno”.
Il tuo sportivo preferito.
F.D.: “È stato e sempre sarà Alessandro Del Piero. È il giocatore che mi ha fatto avvicinare a questo gioco e che ho sempre ammirato per le sue qualità umane e calcistiche. Un hombre vertical, come direbbero in Sudamerica”.
L.D.: “Roger Federer, per talento ed eleganza”.
Squadra del cuore. Da sempre?
F.D.: “Juventus, da quando ho cinque anni. Inizialmente avevo subito l’influenza del papà e simpatizzavo Inter, ma a cinque anni mi sono lasciato “comprare” da mio nonno con le magliette bianconere. E da quel momento non ho più cambiato fede calcistica. Ovviamente, non posso non simpatizzare anche per l’Albinoleffe, dopo la splendida esperienza fatta con loro qualche anno fa”.
L.D.: “Inter, diciamo da quando ho iniziato a capire qualcosa e quindi dalle Scuole Elementari”.
La vittoria (o la partita) che ricordi più volentieri.
F.D.: “Come juventino, so già che mio fratello mi odierà, Udinese-Juventus del 5 maggio 2002. Tra l’altro, non posso dire di averla vista per intero, perché casa nostra era piena di interisti radunatisi a vedere la gara con la Lazio e già pronti a festeggiare. Sportivamente parlando, è stata una goduria incredibile”.
L.D.: “Il 3-1 contro il Barcellona in semifinale di Champions, vissuto a San Siro”.
E tra i dilettanti? Raccontaci la tua carriera.
F.D.: “Da calciatore ho fatto tutto il settore giovanile nell’USO Zanica, ma prima di arrivare in Prima Squadra, a 17 anni, mi sono rotto il legamento crociato del ginocchio sinistro. Dopo l’operazione sono ripartito dall’Azzano e sono tornato a Zanica allenato da mister Stefano Comi (attuale tecnico dell’Aurora Seriate, n.d.r.). A seguire, la Malpensata, ma solo per qualche mese, per poi chiudere con Excelsior e Vetianica nel CSI. Ho smesso presto, a 28 anni. Ero un attaccante veloce e tecnico, ma diciamo anche poco fisico e poco avvezzo alla fase difensiva. Dalla stagione 2018/2019 ho deciso di dare una mano nel paese in cui sono cresciuto. Ho assunto il ruolo di Direttore Sportivo e tuttora ricopro quest’incarico”.
L.D.: “È una carriera tutta rossoblu, tra giovanili a Zanica, un campionato Allievi regionali vinto con la Stezzanese e poi la carriera in prima squadra a Zanica con la parentesi, sempre alla Stezzanese, nella Juniores”.
Qual è il ricordo più bello della tua carriera? E il più brutto?
F.D.: “I ricordi più belli sono due. Il primo: gol e assist in pieno recupero in un USO Zanica-Monterosso, categoria Juniores, dove stavamo perdendo 1-2 e abbiamo vinto 3-2. Se ripenso al boato che c’è stato al gol del vantaggio, mi emoziono ancora. L’altro è legato alla soddisfazione di riuscire a tornare a giocare in Prima Squadra a Zanica. Per me è stato come la chiusura di un cerchio, iniziato con i primi calci ad un pallone. Il più brutto, ovviamente, viene dalla rottura del legamento crociato che mi ha fatto stare fermo un anno e mezzo e che di fatto non mi ha dato più tregua”.
L.D.: “Il ricordo più bello viene dalla prima vittoria del campionato da protagonista, con l’USO di mister Comi, mentre la delusione arriva l’anno dopo con la retrocessione ai playout”.
C’è un dirigente con cui avresti voluto lavorare? E un giocatore?
F.D.: “C’è un allenatore con cui avrei voluto lavorare e con il quale abbiamo avuto la fortuna di lavorare a Zanica, Mattia Carenini. Nonostante la giovane età, è preparatissimo ed è molto bravo a gestire tutte le personalità all’interno di un gruppo. Come giocatore dico il nostro Team Manager, Mauro Locatelli. Lui però è stato un giocatore vero, con un passato a Rodengo Saiano e Tritium. Sono sicuro che avrebbe odiato la mia indole e me ne avrebbe tirate dietro tante”.
L.D. “Di dirigenti non ne ho conosciuti molti, se non quelli che hanno lavorato a Zanica. Per quanto riguarda i giocatori, ce ne sono tanti forti, ma quelli con cui si fa spogliatoio sono i calciatori con cui chiunque vorrebbe giocare”.
Il tuo sogno nel cassetto.
F.D.: “Essere sempre sereno e in salute. Penso che se ci sia questo, tutto ciò che ne consegue è per forza di cose positivo”.
L.D.: “Riuscire ad essere un buon professionista e aiutare l’azienda di famiglia a migliorare, se possibile”.
E in ambito calcistico, qual è la tua ambizione?
F.D.: “Mi piacerebbe coronare il percorso iniziato tre anni fa con l’USO Zanica vincendo il campionato. Se lo meritano tutte le componenti: staff, giocatori e dirigenza. E poi, visto che sognare non costa nulla, arrivare il più lontano possibile nel ruolo che ricopro”.
L.D.: “Vincere un altro campionato a Zanica”.
Una persona cui sarai sempre grato.
F.D.: “Senza dubbio i miei genitori, non posso fare una scelta. Non hanno mai fatto mancare niente a me e mio fratello ed in modi diversi hanno saputo impartirmi educazione e rispetto per il prossimo. Di questo, sarò sempre loro grato”.
L.D.: “Mio papà, per avermi insegnato l’importanza del rispetto e dell’altruismo”.
Un tuo pregio e un tuo difetto.
F.D.: “Il pregio è la disponibilità verso gli altri, mentre come difetto riconosco che a volte sono un po’ troppo permaloso”.
L.D.: “Un pregio credo sia appunto l’educazione, un difetto è che forse sono troppo buono”.
Un pregio e un difetto dell’altro.
L.M.: “Un pregio è la lealtà, mentre il difetto a volte è il suo voler essere troppo buono con tutti. Anche sul rettangolo verde”.
L.D.: “I suoi pregi sono la passione e la determinazione per i progetti iniziati, un difetto è forse l’impulsività”.
Raccontaci la sua carriera. Che voto gli dai?
F.D.: “Pure lui è cresciuto a Zanica, anche se poi è passato per la Stezzanese, prima di rientrare a casa. Da lì è arrivato in Prima Squadra a diciassette anni e non se n’è più andato. Non sono mai riusciti a farlo fuori (ride, n.d.r.). Penso che con le sue capacità tecniche potesse ambire a qualche categoria in più, ma alla fine l’unica cosa che conta per me è che lui sia in un ambiente che lo rende felice. Penso che Zanica rappresenti per entrambi questo”.
L.D.: “Lui ha sempre avuto tanta tecnica e poca voglia di fare fatica. Poi è arrivato un infortunio difficile da superare, ma magari avessi avuto la sua capacità di calciare…Un voto non me la sento, ma come dicono a scuola: aveva le capacità ma non si applicava!”.
Chi è il compagno più forte con cui hai giocato?
F.D.: “Tra quelli con cui ho giocato, sicuramente Emanuele Guerra. Mai visto tecnicamente uno che gli si avvicinasse. Tra quelli che ho visto giocare ne dico due, per non fare un torto a nessuno. Ivan Fontana, ragazzo di Zanica, che quest’anno era alla Cisanese e Filippo Bergamini che ho visto prima a Gorle e poi ho avuto la fortuna di avere come giocatore, da Direttore Sportivo. Quando è in giornata ti fa divertire. È il nostro Ilicic, glielo diciamo sempre”.
L.D.: “Mah, ce ne sono stato tanti per fortuna! Dagli amici Fabio Terzi, Manu Guerra, Matteo Dellavite, Marco Del Carro, Filippo Bergamini, poi tanti giocatori esperti che mi hanno insegnato molto. Ma se devo fare il nome di uno con cui ancora vorrei giocare, questo è Ivan Fontana (si guarda intorno, estasiato, n.d.r.)”.
Tu e lui come…a quale coppia vi ispirate?
F.D.: “I gemelli Filippini (sospira, forse un po’ dubbioso, n.d.r.)? Non saprei, non c’è una coppia di riferimento, però c’è un rapporto splendido e c’è la passione per il calcio che ci unisce da sempre”.
L.D.: “Non mi viene in mente una coppia, ma direi che siamo un po’ testa e cuore. Io la parte più razionale e lui quella passionale”.
Il più bel ricordo che hai in sua compagnia.
F.D.: “Il ricordo più bello spero debba ancora arrivare, magari alla fine della prossima stagione (sorride compiaciuto, n.d.r.). Speranze a parte, non c’è un ricordo in particolare che mi lega a lui, semmai tanti piccoli gesti che dimostrano che ci saremo sempre l’uno per l’altro. E questa è la cosa più importante”.
L.D.: “Senza dubbio l’esultanza a Cenate Sotto, con tanto di balletto osceno (si copre gli occhi con la mano, ancora allibito, n.d.r.). Aggiungerei anche la prossima vittoria, con tanto di discussioni il lunedì a pranzo”.
Manda un saluto all’altro.
F.D.: “Ciao Rosso, ti voglio bene! Però, fatti trovare pronto per quando si ricomincerà, altrimenti mi toccherà martellarti ancora, ad ogni pausa pranzo!”.
L.D.: “Ciao Fabio! Continua così che ci divertiremo e ci toglieremo qualche soddisfazione. Te lo meriti! Ah, ci vediamo al lavoro (ed ecco l’occhiolino di ordinanza al fratello, n.d.r.)”.

Nikolas Semperboni