Il ventisettesimo atto di “Attenti a quei due” suona particolarmente malinconico. Uno di fronte all’altro, con lo stesso dato anagrafico, classe ’84, e lo stesso bagaglio d’esperienza, Daniele Pozzi e Mattia Soldà raccontano la loro amicizia, sviluppatasi negli ultimi anni grazie alle tappe condivise presso la Verdellinese e l’Asperiam. Due piazze che in tempi recenti hanno raccontato pagine importanti del pallone di casa nostra. Da una parte l’ambizione che caratterizzò la crescita e l’espansione dei biancoverdi del presidente Armanni, protagonisti prima con la conquista della Coppa Lombardia in Seconda categoria e poi, a distanza di qualche anno, con il titolo di Prima, nel segno del sempreverde “Hebo” Magri e della sagacia di mister “Lele” Impicciché . A Spirano, una storia non dissimile, con l’exploit offerto da una società imperniata attorno al carisma di mister Graziano Nicoli e a un diesse in chiara rampa di lancio come Giovanni Taddeo. Poi, ecco gli inevitabili avvicendamenti, pur con la comprovata garanzia che Verdellinese e Asperiam avrebbero continuato a dire la loro, grazie a una stoffa pregiata figlia di organici competitivi. Qui si innestano “Posse” e “Soldo”: non certo amici di vecchia data, bensì leali avversari che in tempi recenti hanno imparato, anche grazie a caratteri affini e a una simpatia contagiosa, a fare pappa e ciccia. Pozzi, troppo presto congedatosi dal mondo del calcio a causa di un grave incidente di lavoro, riporta mente e ricordi alla Voluntas dei begli anni, capace di sfiorare per davvero la Serie D, cadendo soltanto dinanzi all’ultimo gradino di un percorso divenuto leggenda. E dopo la Voluntas della famiglia Cornelli, ecco un’altra lusinghiera pagina quale quella offerta dal Valle Brembana: esperienza tanto effimera quanto vincente. Allenatori competenti e affermati, vedasi Paolo Fracassetti e Marco Brembilla, e una rosa di nomi che comprende, oltre al “Posse”, compagni ancora oggi abituati a viaggiare assieme: su tutti, Yuri Cortesi e “Toro” Galbiati. Sull’altro fronte, “Soldo”, oltre a una carta d’identità che chiama in causa il padre, Roberto Soldà, in Serie A con Atalanta, Juve e Lazio, più recentemente fidato braccio destro di Mario Astolfi, rimanda a una cantera irripetibile, per qualità del lavoro e caratura dei nomi, quale quella dell’allora Stezzanese. La trafila nel settore giovanile; la consacrazione nel mondo delle prime squadre; fino allo status di certezza per la categoria, in questo caso della Promozione. Oggi la malinconia si acuisce ulteriormente, ripensando a quanto accaduto, nell’ultimo biennio, con un Covid-19 di mezzo, e un ventaglio di carriere compromesse, o almeno bruscamente interrotte. Daniele Pozzi e Mattia Soldà si congedano dunque, a meno di clamorosi dietrofront, dalla scena, lasciando in eredità, a mo’ di parziale compensazione, una divertente amicizia, che vale da monito per i più giovani. Per farsi strada, nel calcio di queste latitudini, passione e divertimento devono andare a braccetto.
Nome, Cognome, Soprannome.
D.P.: “Daniele Pozzi, “Posse””.
M.S.: “Mattia Soldà, “Soldo””.
Professione.
D.P.: “Operaio”.
M.S.: “Impiegato amministrativo”.
Incarico nel dilettantismo.
D.P.: “Ex calciatore”.
M.S.: “Al 99%, ex calciatore dilettante…anche se Pozzi dice che lo sono già da un paio di anni”.
Pronostico secco: quando torneremo in campo?
D.P.: “Settembre, ma non ci metto la mano sul fuoco”.
M.S.: “Gennaio 2022”.
Il tuo sportivo preferito.
D.P.: “Luca Toni, perché è per gente come lui che ti appassioni al gioco più bello del mondo”.
M.S.: “Alessandro Del Piero, l’ho sempre difeso quando tutti gli davano contro”.
Squadra del cuore. Da sempre?
D.P.: “Hellas Verona! Prima ero milanista, ma dal 2003 solo Hellas!”.
M.S.: “Atalanta, da quando vivo a Bergamo”.
La vittoria (o la partita) che ricordi più volentieri.
D.P.: “Il derby contro il Chievo Verona, concluso da Malesani sotto la curva (stagione 2001-2002, primo storico derby scaligero in Serie A, con vittoria dell’Hellas per 3-2, n.d.r.)”.
M.S.: “La semifinale del Mondiale 2006, Italia-Germania”.
E tra i dilettanti? Raccontaci la tua carriera.
D.P.: “Ho iniziato nelle giovanili della Voluntas Osio Sotto, dai 18 anni sono stato aggregato in prima squadra e da subito ho iniziato a giocare con continuità. Il primo anno, i playout e poi la retrocessione, ma la stagione successiva abbiamo vinto il campionato di Prima categoria. L’anno seguente, da matricola abbiamo vinto anche in Promozione, venendo promossi in Eccellenza, e nell’anno del debutto in Eccellenza siamo arrivati quinti, vincendo poi i playoff del girone. Incredibile epilogo nella fase nazionale! In semifinale, contro il St. Pauls vinciamo 3-1 e 1-0 e io segno in entrambe le partite. Poi, in finale, contro la Valle del Giovenco, vinciamo 2-1 in trasferta, ma perdiamo in casa 3-0!!! Fino al 2011, sempre Eccellenza, fino al fallimento della società. Nella stagione 2011-2012 passo al Valle Brembana, dove abbiamo vinto il campionato. Dopo la fusione con il Villa d’Almè, è sempre Eccellenza, fino al 2015, con tanto di altra finale nazionale. A quel punto, la discesa in Prima categoria, con Verdellinese e Brembatese: a Brembate fu retrocessione. Nel 2016-2017 il campionato vinto alla Tritium, poi ancora Prima con Accademia Gera d’Adda e Asperiam. In mezzo, la parentesi in Seconda alla Brignanese”.                                                         
M.S.: “Settore giovanile alla Stezzanese e poi sei anni in prima squadra, tutti in Promozione. Un anno in Eccellenza a Mapello e poi di nuovo in Promozione, con un anno a Pontirolo, tre a Ponteranica, due nella Gavarnese e uno a Paladina. Dopo sei mesi di fermo, sono ripartito dalla Prezzatese, in Prima, dove ho militato anche negli ultimi quattro anni: i due anni a Verdellino, Calcinate e Asperiam. Nell’ultima esperienza, brevissima, visti i soli due mesi, sono stato a Gandino in Seconda e ho trovato una società organizzatissima e un ottimo allenatore”.
Qual è il ricordo più bello della tua carriera? E il più brutto?
D.P.: “Il più bello risale alla vittoria con il Valle Brembana, in Promozione. Con me c’erano anche “Toro” Galbiati, Maffioletti, Cortesi e Di Liddo: fu il trionfo del gruppo, tanto che all’inizio ci avevano chiesto la salvezza”.
M.S.: “Il più bello riguarda la vittoria dei playoff di Promozione con la Stezzanese, mi pare nel 2006. Il più brutto viene sempre da lì, dato che dopo la vittoria di quei playoff, qualche giorno dopo la festa, ci dissero che non c’erano posti disponibili. Fu un grande delusione e dopo quell’anno cambiarono le regole dei playoff”.
C’è un dirigente con cui avresti voluto lavorare? E un giocatore?
D.P.: “I dirigenti che ho avuto sono stati fantastici. Per il calciatore, potrei dire Andrea Paganelli, che ho avuto solo sei mesi a Verdellino, ma che soprattutto è un amico di vecchia data, dato che siamo cresciuti nello stesso paese”.
M.S.: “Non sarà un dirigente, ma avrei voluto lavorare di più con Guido Proserpi, ora a Longuelo. Mi teneva davvero in forma. Ho giocato con tanti bravi giocatori che giravano in queste categorie, penso a grandi attaccanti come Sala, Franchini, Magri e Galbiati o grandi compagni di reparto come Magoni, Nozza, Gaio e così tantissimi altri. Quindi no, a me va bene così”.
Il tuo sogno nel cassetto.
D.P.: “Avere un figlio…ma ora c’è! Peccato solo che sia un destro naturale (ride, n.d.r.)!”.
M.S.: “Girare il mondo per qualche anno. Appunto, un sogno (sorride un po’ malinconicamente, n.d.r.)”.                                 
E in ambito calcistico, qual è la tua ambizione?
D.P.: “Volevo, o meglio speravo, di arrivare almeno alla Serie C per provare il professionismo…ma non ho mai avuto la testa (ride, n.d.r.)”.
M.S.: “In questo momento, direi nessuna. Ma in futuro, chissà, magari potrei allenare”.
Una persona cui sarai sempre grato.
D.P.: “Penso a tutte le persone che mi hanno sempre sostenuto e che mi sono state sempre vicine”.
M.S.: “Nella vita di tutti i giorni, i miei genitori. In ambito calcistico, ti dico mister Max Maffioletti, con me tre anni a Stezzano”.
Un tuo pregio e un tuo difetto.
D.P.: “Con me ci si diverte sempre, sia dentro che fuori dallo spogliatoio. Un mio difetto è che sono troppo impulsivo”.
M.S.: “I pregi credo fossero il lancio e la posizione in campo. Il difetto era la corsa, nel senso che correvo poco (ride, n.d.r.)”.
Un pregio e un difetto dell’altro.
D.P.: “È un ragazzo d’oro e con lui ci si diverte sempre. Un difetto??? Era troppo lento (ride, conscio di averla detta grossa, n.d.r.)”.
M.S.: “Il pregio è il gran mancino, davvero di categoria superiore. Il difetto è il suo essere così lamentoso, è incredibile come in allenamento non gli andasse bene mai niente”.
Ricordi quanto vi siete conosciuti?
D.P.: “Certo, a Verdellino”.
M.S.: “Ci siamo incontrati spesso da avversari, prima di conoscerci a Verdellino, dove abbiamo giocato insieme. Poi, fuori dal campo, abbiamo affinato l’intesa”.
Un bilancio del vostro percorso insieme.
D.P.: “Verdellino per sei mesi e poi Asperiam, nell’ultimo mio anno. Con lui non si possono avere successi (ride, rincarando la dose, n.d.r.)”.
M.S.: “Abbiamo giocato insieme a Verdellino, per sei mesi. Sono stati mesi divertenti, nei quali ci vedevamo spesso anche fuori dal campo. Poi ci siamo ritrovati a Spirano: campionato interrotto dalla pandemia quando eravamo secondi e abbastanza lanciati”.   
Tu e lui come…a quale coppia vi ispirate?
D.P.: “Io potrei assomigliare a Di Marco, del Verona. E spero di non offendere nessuno (sorride con tutta la modestia del caso, n.d.r.). Lui invece è più un Kessie, visto che dirige a metà campo e tira i rigori”.
M.S.: “Non saprei proprio (ride, diffidando dai paragoni, n.d.r.)”.
Il più bel ricordo che hai in sua compagnia.
D.P.: “Le serate passate assieme. Indimenticabili!!!”.
M.S.: “Direi la miriade di aperitivi, dopo un allenamento o una partita, tra cui uno memorabile, in cui la telecamera di sorveglianza lo riprese a ballare e fare gestacci, da solo in mezzo a un bar che stava ormai chiudendo. Quel video è girato per settimane tra di noi!”.
Manda un saluto all’altro.
D.P.: “Cicciooooooo, posso dire una cosa? Era la frase che ripetevo sempre e lui mi prendeva in giro (ride, n.d.r.)”.
M.S.: “Grande Poz, mi serve un compagno intelligente per giocare a padel, non conosci nessuno?”.

Nikolas Semperboni