Il semaforo rosso alla fine della corsia box stava ad indicare che non fosse ancora consentito l’accesso alla pista. Gli addetti si sporsero dalla postazione indicando di fermarsi all’altezza della linea. Arturo vi arrivò per primo, arrestò la moto mettendo la marcia in folle, sollevandosi dritto sulla sella, lasciando i comandi, rimanendo solo per un tempo apparentemente lunghissimo; il ragazzo aprì d’uno scatto la visiera per arieggiare il casco senza intaccare la riservatezza garantitagli dalla superficie specchiata, quindi si mise a braccia conserte cercando di concentrarsi e scacciare dalla testa la figura di Natalia. Il giovane, durante tutta la percorrenza della corsia box, si era imposto di non voltarsi per controllare se la sua rivale fosse ancora al muretto o salita in moto.
“Vattene.” supplicò a quell’immagine nell’intimità del suo elmetto “Vattene!” le intimò scacciandola.
Lentamente, ed a strappi, al volto solare della ragazza si sostituì l’asfalto che veloce scorreva sotto di lui. D’un tratto, ad occhi chiusi, si ritrovò lanciato sul rettilineo del Mugello schiacciato in carena, tutt’uno con la moto per offrire la minor resistenza possibile all’aria. Coimbra era riuscito nell’intento di levarsela dalla testa iniziando a ripercorrere mentalmente il tracciato elencando i nomi delle curve a cominciare dalla prima: la famigerata San Donato. Rivide il cartello dei 150 metri passato il quale si iniziava la staccata e proporzionalmente la piega avvertendo lo strisciare sull’asfalto di ginocchio e gomito destro come se realmente stesse percorrendo la curva. S’immaginò poi all’uscita dalla stessa risollevare la moto agendo gradualmente sulla manopola del gas, accelerando il più possibile attento a non incappare in drammatiche perdite di aderenza della gomma posteriore. Adesso era il turno di due curve ad esse, Luco e Poggio Secco dov’era fondamentale l’agilità nel cambio di direzione ma, quando stava per affrontare mentalmente la prima piega secca a sinistra, si ripresentò il volto sorridente di Natalia con indosso un vestito rosso, leggero e vaporoso sicché il tracciato del Mugello scomparve ed il suo posto fu occupato da uno stupendo cielo al tramonto, da un lago, da migliaia di alberi e luci, da una terrazza e dal un tavolino di un bar: era la loro prima uscita nei pressi del circuito di Brno, fatta mesi prima ed in gran segreto approfittando della tappa di campionato in Repubblica Ceca. Michele Masi, prima che ciò avvenisse, carpì qualcosa dall’atteggiamento del suo pilota suggerendogli di non familiarizzare col nemico, soprattutto con una femmina come quella. Coimbra, in tono spavaldo, aveva minimizzato sulla pericolosità della Campredelli smentendo un interesse per lei, palesando sicurezza, glissando perciò sulle sue reali intenzioni col fine di rassicurare il direttore sportivo.
Natalia, quella sera in riva al lago, era meravigliosa: il rossetto rosso sulle labbra, in tinta col vestito, ne accentuava il sorriso mentre il tono della voce era energico e delicato al tempo stesso, così come l’espressione del suo volto. Era praticamente impossibile non essere affascinato dal dualismo presente in quella ragazza, difatti parecchi nel paddock le avevano chiesto di uscire ma lei, in tutta risposta, distribuì “due di picche” a mazzi. Ovviamente nessuno ne fece menzione per evitare la figuraccia agli occhi degli altri. Il giovane portoghese sospettò qualcosa del genere domandandole perché avesse accettato il suo invito ma Natalia sfuggì alla risposta. Arturo era proprio un bel ragazzo, un tipo dal fascino latino, moro con occhi scuri, pelle ambrata, fisico aitante ma non fu questo a convincerla, bensì il fatto che non fosse un bamboccio pieno di sé come i colleghi piloti. Coimbra era molto maturo per la sua età, cresciuto in fretta a causa delle vicissitudini accadute alla sua famiglia: correva in loro memoria perché orfano dei genitori, avviato alla carriera motociclistica dallo zio paterno che aveva scorto in lui un talento innato. Natalia non sapeva dei suoi trascorsi perché non era una pettegola: odiava interessarsi ai fatti altrui soprattutto se tragici come la perdita di affetti, però mostrava grande apprezzamento quando qualcuno degno della sua stima decideva di condividere con lei un fatto così personale. Tra i due giovani nacque un bellissimo e profondo sentimento, infatti, durante il loro terzo incontro, scoccò il primo bacio. Fu sincero, tenero e goffo al tempo stesso: Arturo era impacciato come se non fosse mai stato a contatto con una ragazza e Natalia, rossa come un peperone, palesò insicurezza, un lato del suo carattere che pareva non appartenesse alla sua persona.
All’improvviso un boato scosse il pilota portoghese in sella alla sua moto: un’accelerata, il ruggito di un motore al suo fianco lo fece sussultare strappandolo al ricordo. Arturo, in maniera impercettibile, si voltò appena e con la coda dell’occhio scorse una moto ferma accanto a lui color madreperla con uno sponsor rosso a giganteggiare sulla carenatura. Sicuramente era una delle due appartenenti alla Dream Drops Racing Team della sua rivale: sarebbe bastato voltarsi ancora d’un poco per capire se si trattasse della Campredelli o del suo compagno ma il giovane Coimbra non volle mostrare interesse. Piuttosto si piegò in avanti afferrando i comandi della sua moto, sforzandosi per discernere il numero di gara senza piegare minimamente il collo distinguendo il “27” rosso fluo.
“Cazzo è lei!” pensò Arturo avvertendo un tremito irradiarsi per tutto il corpo.
Natalia era fissa davanti a sé palesando estrema determinazione come tutte le volte che abbassava la visiera: niente e nessuno poteva scalfire la sua concentrazione, nemmeno la consapevolezza che sulla moto a lei accanto vi fosse quel dolce ragazzo. Nel frattempo, si aggiunsero altri centauri accodandosi a loro: mancava pochissimo all’inizio della sessione ed il rombo dei motori divenne assordante. D’un tratto scattò il semaforo verde e la Campredelli partì come un razzo: la ruota anteriore della sua moto si sollevò e, conseguenza della forte accelerazione, rimase trenta centimetri staccata da terra fino alla prima curva nonostante la giovane innestò tre marce. Partirono anche gli altri mentre Arturo, preso in controtempo, inserì repentinamente la prima marcia mollando in modo brusco la leva della frizione e la moto, fatto un singulto, si spense.
“Che figura di merda!” disse incazzato Coimbra scuotendo il casco.
Il pilota sulla moto blu-bianco-rossa sollevò la mano per segnalare la sua défaillance, cercando di spostarsi a lato della corsia per togliersi di mezzo. Scorsero molti altri piloti dopodiché intervennero i commissari di percorso per spingerlo: presa un poco di velocità Arturo inserì la seconda marcia, lasciò la frizione di colpo e fortunatamente la moto partì mentre il suo animo era in balìa d’un greve ammasso di negatività.
Marcus Joseph Bax