Questo stesso giorno, 6 aprile, 11 anni fa, terminava l’esperienza terrena di Ivan Ruggeri, diciottesimo presidente dell’Atalanta Bergamasca Calcio. Era caduto in coma il 16 gennaio di 5 anni prima per un’emorragia cerebrale, sostituito nell’aprile successivo dalla diarchia dei figli Francesca (vicepresidente) e Alessandro (amministratore delegato) che l’avrebbe poi sostituito al vertice societario poco più tardi, il 3 settembre.
Il telgatese Ruggeri, nato il 14 ottobre 1944, sposato con Daniela ed ex rappresentante di mobili e bottoni, aveva costruito un piccolo impero nel settore del recupero delle materie plastiche entrando nel capitale azionario del club nerazzurro nel 1977 grazie al 19% delle quote, comprate a Sergio Nessi. Già vicepresidente con Achille e Cesare Bortolotti, dal 13 febbraio 1979 al 15 settembre 1981 e dal 17 aprile 1989 al 7 dicembre 1990, il suo avvento alla presidenza il 26 febbraio 1994 mise fine alla prima era del dimissionario Antonio Percassi.
Il 3 giugno 2010, dopo l’ultima delle quattro retrocessioni in B, la cessione del 70 per cento proprio allo stesso imprenditore di Clusone. Ruggeri, ciclista in gioventù dove rivaleggiava con Gianni Motta e si piazzò quarto al Giro delle Asturie, dirigente anche dell’Alpe e del Celana nella pallacanestro, richiamò Emiliano Mondonico per risalire subito al piano di sopra dopo la caduta nell’annata divisa a metà (Guidolin all’inizio, poi Valdinoci-Prandelli) con l’attuale comproprietario insieme a Stephen Pagliuca.
Fra i traguardi della prima squadra (allenata anche da Mutti, Finardi, Mandorlini, Rossi, Colantuono, Delneri, Conte e Bonacina) sotto la sua guida, il settimo posto con Giovanni Vavassori a cavallo tra i millenni. Nel settore giovanile, soprattutto due scudetti Primavera, nel ’94 con Cesare Prandelli e nel ’98 con lo stesso mago di Arcene. Oggi come al momento del commiato, gli sia lieve la terra.